Dove va Catanzaro ? di Piero Bevilacqua

Dove va Catanzaro ? di Piero Bevilacqua

Non ha avuto molta fortuna, Catanzaro, con le classi dirigenti e gli amministratori che l’hanno governata nei 70 anni dell’Italia repubblicana. Per la verità, fin dalle sue lontane origini, né la geografia né la storia l’avevano favorita. Nata in tempi in cui le coste erano rese insicure dalla incursioni saracene e dalla malaria, i primi coloni si sono arroccati su ristretti   dorsi collinari che ne hanno condizionato la disponibilità di spazi e il futuro sviluppo. Ma anche la storia era stata avara con la città. In un simile sito era difficile che sorgessero ceti mercantili, come è accaduto a tante città medievali del resto d’Italia, che la arricchissero di strutture architettoniche, di edifici di pregio,

di manufatti artistici. E tuttavia, nel corso dei secoli, i proprietari terrieri, i contadini, i lavoratori della seta, le filatrici, che hanno sostenuto la sua modesta economia, l’hanno dotata di chiese, di conventi, di piazze, di strade, di palazzi nobiliari.E’ la Catanzaro che hanno ereditato i cittadini sino agli anni ’50 del secolo scorso. La Catanzaro che abbiamo conosciuto e amato, per la decorosa modestia delle sue costruzioni, la grazia di tanti edifici e piazze, per l’impronta che essa serbava di città messa su con la fatica e l’operosità di una popolazione non fornita di particolari vantaggi e ricchezze. E, sia chiaro, non era necessario attendere la cultura urbana dei nostri anni per apprezzare il fascino sia dell’impervietà del sito, che la modestia austera e semplice del suo decoro cittadino, le sue stradine e vicoli, i suoi slarghi improvvisi, i suoi imprevisti giardini pensili. François Lenormant, il grande studioso della Magna Grecia, che la visitò nel corso dell’Ottocento, la definiva una città vertiginosa. Dall’alto dei suoi colli, nell’aria sempre salubre per i venti che la battono, essa poteva ammirare il mare di colline che la circondavano da tutti i lati incontrando, a Sud, lo splendore lontano dello Jonio. Oggi quel paesaggio è stato devastato da una colata caotica di cemento, che ha disseminato costruzioni su ogni collina, dirupo, costone, cresta, anfratto e in tutte le direzioni possibili. Le terre intorno alla città che un tempo incantavano i viaggiatori stranieri oggi somigliano a un quadro infernale di Hieronymus Bosch.

Eppure non era un destino inevitabile, legato alla crescita della popolazione e alla necessaria espansione edilizia della città. Come tanti altri centri arroccati del nostro Sud, Catanzaro aveva davanti a sé una sola direttrice di sviluppo: espandersi verso il mare, andare verso la pianura, le valli che corrono vero lo Jonio. Invece, per valorizzare i terreni di poche famiglie proprietarie, la città, prima di scendere verso Sud, ha preso assurdamente la strada della montagna. L’egoismo di poche persone ha determinato le condizioni di vita urbana delle generazioni successive. Perché il traffico che soffoca il centro storico è anche dovuto alla necessità che tanti cittadini hanno di attraversarlo per raggiungere abitazioni e servizi collocati a Nord. E invece la città poteva conservare intatta la sua struttura medievale, e il suo fascino antico, e progettare interamente a valle la sua espansione moderna.

Ricordo questi aspetti perché ancora oggi le classi dirigenti cittadine si mostrano ostinate nei loro errori. A sfregi più o meno recenti si tenta di aggiungere nuovi oltraggi.Negli ultimi anni Catanzaro ha perso la grande opportunità di salvare il suo centro storico: poteva costruire al suo interno l’Università.Ricordo che in Italia, come nel resto d’Europa, l’Università è una creazione del mondo urbano. Perché non dotare   Catanzaro, che nei secoli passati non aveva avuto i mezzi per istituirla, del suo Studium? Invece no, è stata confinata a Germaneto. Nel frattempo i lungimiranti imprenditori cittadini, che non fanno profitti producendo beni, ma saccheggiando quel che resta del nostro territorio, hanno disseminato i dintorni di centri commerciali, distruggendo il piccolo commercio e svuotando una economia fondamentale per la città.

Naturalmente, non tutto sarebbe perduto se ancora si avessero a cuore le sorti di Catanzaro. Ci sono alcune facoltà nel centro storico, ci sarebbero, per la verità, anche migliaia di studenti che giornalmente vengono dai paesi vicini per frequentare gli istituti superiori.Una classe dirigente davvero pensosa del destino della città farebbe di tutto per trattenerli con case dello studente, residenze, servizi. Non si vede nulla di tutto questo, anzi si va in direzione contraria. Come ha denunciato Maria Adele Teti a nome di Italia Nostra, il comune ha in mente di trasformare l’antico convento della Maddalena, poi adibito a scuola elementare, in residenza per militari. Per militari? Ma se sono andati via! O si attende l’installazione di qualche base NATO nei dintorni? Si tratta di progetti grotteschi, che mostrano una continuità intollerabile con il comportamento dissennato del passato.Il centro storico della città è in agonia e i nostri amministratori non solo non appaiono capaci di progettare soluzioni, ma mostrano la consueta opacità affaristica nell’uso del patrimonio pubblico. Nel frattempo squilla il grandioso silenzio del ceto politico, degli intellettuali, dei normali cittadini, che non dicono una parola sulle scelte urbane che riguardano la città, la loro vita associata, ed è come se vivessero sulla luna.

 

 

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