Lo sciopero mondiale di questi ragazzi lascerà il segno di Piero Bevilacqua

Lo sciopero mondiale di questi ragazzi lascerà il segno di Piero Bevilacqua

L’evento, il primo Sciopero mondiale per il futuro è sicuramente destinato a lasciare il segno. Che siano le adolescenti e i ragazzi di 80  paesi del mondo, le studentesse e gli studenti di migliaia di città, a realizzarlo, induce a una duplice riflessione, resa drammatica anche dai dati forniti dal Rapporto ONU sull’ambiente, in occasione del sesto Global Environment Outlook in corso a Nairobi. (Luca Martinelli,Un quarto dei morti al mondo per inquinamento, e l’inserto l’Extraterrestre in Il Manifesto,14/3/2019).

Duplice perché, per la prima volta nella storia dell’umanità, siamo prossimi a processi catastrofici, che determineranno le condizioni di vita sulla terra  delle generazioni venture, e ,pur essendone  certi e consapevoli, non agiamo. Lasciamo che i governi e le forze politiche organizzino faraonici meeting internazionali, destinati a cambiar poco o nulla dei meccanismi alla base dei riscaldamenti climatici, e continuiamo a vivere secondo lo stile consumistico che sta facendo collassare il pianeta. E dunque che i giovani, coloro ai quali lasciamo in eredità habitat impoveriti e inospitali, destinati a una popolazione crescente, entrino in scena con uno movimento mondiale di protesta è un fatto che rincuora e dà speranza. Si tratta di uno “sciopero” cioé della disubbidienza e del rifiuto di un lavoro, in questo caso la frequenza scolastica, che dà un carattere speciale all’evento e al tempo stesso mostra la tragica debolezza della situazione globale. Sono i ragazzi, solo loro a fare sciopero, a colpire di fatto se stessi, perdendo ore di studio, ma non scioperano gli adulti, gli operai di fabbrica, gli impiegati, i dirigenti, le figure che dovrebbero colpire anche con un danno economico di portata mondiale i responsabili della devastazione in atto: gli imprenditori del  capitalismo estrattivo del nostro tempo. Eppure dovremmo essere noi adulti, che abbiamo goduto e godiamo degli agi resi possibili  dalla distruzione della Terra a ribellarci, a organizzare uno sciopero generale, a bloccare l’infernale macchina produttiva che getta nelle discariche 1,3 miliardi di tonnellate di cibo l’anno, rovescia nelle acque gli escrementi di 24 miliardi di animali di allevamento , riempie l’aria di CO 2 e altri gas serra, immette negli spazi urbani milioni di auto in eccesso, sta creando in giro per il mondo montagne di rifiuti tecnologici (e-waste), creando una nuova orografia dell’obsolescenza programmata.

Ma nelle considerazioni compiaciute per questo evento memorabile di oggi deve trovar posto anche un avvertimento e un allarme.I giovani non possono illudersi di esaurire la loro battaglia una tantum, perché non possono illudersi che chi governa l’ordine economico mondiale abbia  il benché minimo interesse al loro futuro e a quello della Terra. Costoro distruggeranno sino all’ultimo lembo di suolo fertile, disseccherano sino all’ultima sorgente le acque della Terra, finché sarà loro possibile trarre un qualche  privato profitto.  E non c’è altro argomento per farmarli, per indurli a percorrere un’altra strada, che   colpirli nei loro interessi vitali. A tale fine l’azione di protesta deve assumere un carattere sistematico e articolato su più fronti. Deve fare pressione sulle amministrazioni, coinvolgendo le tante forze oggi impegnate in queste lotte, per la riconversione ecologica delle città ( riciclo integrale dei rifiuti, diffusione del solare, limitazione del traffico urbano, riuso delle acque reflue,blocco della cementificazione, ecc). Ma deve anche organizzare campagne sistematiche di boicottaggio delle merci prodotte coi sistemi che stanno distruggendo   gli habitat. Occorre essere consapevoli che non c’è più tempo e che le prediche moralistiche, la bolsa retorica del ceto politico, non spostano di un’oncia i meccanismi in atto. Sono necessari settimane e mesi di “sciopero dei consumi”, di rinuncia alla carne degli allevamenti intensivi, ai prodotti dell’agricoltura  industriale, ai beni programmati per rompersi, all’American  lifestyle imposto dal capitalismo USA a tutto il mondo, se si vuole spostare su un terreno di compatibilità ambientale le potenze produttive che oggi dominano l’economia del pianeta.

I ragazzi hanno imboccato la strada giusta.Come le donne di Non una di meno, hanno capito che la dimensione della lotta deve essere internazionale e deve avvenire sotto forma di sciopero, cioé di lotta, di conflitto contro un avversario che  difende lo status quo in cui prospera il proprio interesse.Per oltre due secoli la classe operaia ha fatto evolvere la società industriale, facendo diminuire la giornata di lavoro e accrescendo i salari, promuovendo l’innovazione con conflitti lunghi e costosi. Oggi non c’è altra strada per salvare il pianeta. Una lotta di classe a livello mondiale.

 

Il Manifesto

15.3.2019

Follow me!

Comments are closed.