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Insieme per la Carta, ma non dimenticate la legge elettorale.-di Felice Besostri

Insieme per la Carta, ma non dimenticate la legge elettorale.-di Felice Besostri

Da Milano arriveremo in molti a Roma il 7 ottobre per la manifestazione nazionale “La via maestra-Insieme per la Costituzione”. Per quanto mi riguarda, tra le organizzazioni che hanno firmato ce sono alcune di cui sono associato da più di un decennio e di altre sono stato tra i fondatori. Respingere gli attacchi alla Costituzione è uno dei miei impegni permanenti. Ma devo esprimere una perplessità che è anche una seria preoccupazione. Nell’appello non c’è una parola sulla legge elettorale.

Se è una dimenticanza è sorprendente, perché è stato definitivamente accertato dalla Corte Costituzionale che abbiamo rinnovato il Parlamento nel 2006, 2008 e 2013 con una legge incostituzionale non in aspetti secondari ma per l’assegnazione di un premio di maggioranza e la previsione di liste di candidati totalmente bloccate. Non solo. Maggioranze costituzionalmente illegittime hanno adottato, grazie all’imposizione al Camera di tre voti di fiducia, una successiva legge elettorale dichiarata costituzionalmente illegittima in parti qualificanti prima che fosse mai applicata. Ed è sufficiente una lettura di queste due sentenze per capire che anche la terza legge elettorale, quella in vigore con la quale abbiamo eletto due parlamenti compreso l’attuale, non è indenne da problemi di costituzionalità.

Basta un dato: la coalizione vincente, con un consenso del 43,79% alla Camera, ha 237 seggi su 400, cioè più del 59% dei seggi. Al Senato con il 44,02% ha ottenuto 115 su 200 elettivi, cioè il 57,5% dei seggi.

Se non aver citato la legge elettorale nell’appello di convocazione della manifestazione è stata una scelta, è una scelta grave. Se è stata fatta per non mettere in imbarazzo i partiti, responsabili delle leggi elettorali e del taglio eccessivo dei parlamentari, è ancora più grave perché senza una critica alla legge elettorale vigente (frutto dei governi Gentiloni e Conte 1 e delle mancate promesse del Conte 2) non è credibile la difesa della Costituzione. Ed è più debole anche l’opposizione a presidenzialismo, semipresidenzialismo e premierato.

Oggi, i vincitori delle ultime elezioni hanno nel parlamento in seduta comune il 58% dei seggi, decisivi per l’elezione del presidente della Repubblica – o per controllarlo attraverso l’articolo 90 della Costituzione. Se l’ottimo presidente in carica si agitasse, questa maggioranza potrebbe tenerlo sotto scacco. E se lasciasse potrebbe eleggere, anche grazie ai 31 delegati regionali su 58, alla quarta votazione, un suo candidato in solitudine.

La critica alla legge elettorale in vigore avrebbe reso più credibile anche la giusta e netta opposizione all’autonomia differenziata, perché senza questa maggioranza artificiale il progetto di Calderoli non avrebbe futuro.

Tutto ciò in sintesi è possibile grazie alla legge elettorale in vigore, che è incostituzionale per violazione dei principi ribaditi proprio dalle sentenze della Corte costituzionale. Se gli elettori non possono scegliere i candidati, questi una volta eletti non possono rappresentare la nazione senza vincolo di mandato, ma saranno agli ordini dei partiti che li hanno nominati con le liste bloccate e le multicandidature in violazione dell’articolo 49 della Costituzione.

Se non si contesta per incostituzionalità la legge elettorale si finisce con l’accettare il risultato dello scorso settembre, che è stato possibile solo grazie a una legge incostituzionale. È una posizione debole e controproducente. È una dimenticanza che andrebbe corretta.

da “il Manifesto” dell’11 agosto 2023
Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

La Corte ferma il piano casa della Calabria.- di Battista Sangineto

La Corte ferma il piano casa della Calabria.- di Battista Sangineto

I giudici della Corte costituzionale hanno dato seguito, con una sentenza del 23 novembre scorso, alle parole di Piero Calamandrei che agli studenti milanesi, nel gennaio del 1955, diceva: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.

La Corte costituzionale non ha lasciato la Carta in terra, ma ha mantenuto quelle promesse e quella responsabilità muovendosi per bocciare la legge del 2 luglio del 2020, n. 10, recante “Modifiche e integrazioni al Piano Casa (l. r. 11 agosto 2010, n. 21)”, varata dalla giunta regionale della Calabria. Secondo la sentenza di pochi giorni fa la Regione Calabria avrebbe voluto, con questa legge, sostituirsi “alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente venendo meno al principio di leale collaborazione e dando vita ad un intervento regionale autonomo al posto della pianificazione concertata e condivisa (con la Soprintendenza, n.d.r.), prescindendo da questa e superandola, peraltro smentendo l’impegno assunto nei confronti dello Stato di proseguire un percorso di collaborazione”.

Così facendo si sarebbe vanificato il potere dello Stato nella tutela dell’ambiente, rispetto al quale il paesaggio assume valore primario e assoluto, in linea con l’art. 9 della Costituzione. Secondo la relatrice della sentenza, Silvana Sciarra, le previsioni della quantità di cemento versato avrebbero finito per danneggiare il territorio in tutte le sue componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale, in violazione dell’art. 9.

Secondo la Corte tale lesione era resa più grave dalla circostanza che, in questo lungo lasso di tempo (il protocollo d’intesa fra Mibact e Regione Calabria è del 23 dicembre 2009, n.d.r.), non si è ancora proceduto all’approvazione del piano paesaggistico regionale, ma solo al temporaneo Quadro territoriale regionale a valenza paesaggistica (Q.T.R.P.) che la giunta Oliverio non è stata capace di trasformare, come prescriveva il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nel definitivo “Piano paesistico”.

Tutto ha inizio con la legge regionale della giunta Scopelliti dell’11 agosto 2010 che, in virtù del “Piano Casa” voluto nel 2009 dal governo Berlusconi, permetteva il condono degli abusi edilizi e dava la possibilità di ricostruire edifici esistenti aumentandone la volumetria del 15%. Il 16 luglio 2020 il secondo governo Conte ha emanato il “Decreto Semplificazioni” che ha, di fatto, annullato questo premio volumetrico berlusconiano, ma la giunta regionale calabrese, presidente il leghista Spirlì, senza alcuna opposizione in Consiglio regionale ha cercato di eludere, prevenendolo, questo problema.

Pochi giorni prima del “Decreto”, il 2 luglio 2020, ha varato una legge regionale che non solo elargiva questo premio, ma lo aumentava di altri 5 punti in percentuale, arrivando fino ad uno spropositato regalo di volumetria pari al 20% in più per ogni edificio da ricostruire.

Quanto fosse sciagurata una simile legge lo dimostrano i numeri: in Italia, fra il 1990 e il 2005, ben il 17% (più di 3 milioni e mezzo di ettari) della Superficie agricola utilizzata, la Sau, è stata cementificata o degradata e la Calabria è in cima a questa classifica negativa con ben il 27% del suolo consumato, subito dopo la Liguria (ISTAT 2005). Un’altra statistica (Rapporto Ispra Snpa, 2015) ci dice che, al 2001, ben 7 vani su 10 del patrimonio edilizio italiano erano stati costruiti nei soli 55 anni precedenti e che le Regioni meridionali contribuiscono più delle altre all’enorme consumo del suolo, prime fra tutte la Calabria con 1.243.643 alloggi, di cui 482.736 vuoti, per poco meno di 2 milioni di abitanti, con la conseguente percentuale più alta di alloggi vuoti: il 38% (Istat 2005).

Il consumo del nostro suolo ha galoppato, nel 2020, al ritmo di 2 metri quadrati al secondo, 57 chilometri quadrati in un anno, tanto che ognuno degli italiani avrebbe oggi a “disposizione” 355 metri quadrati di superfici costruite (Rapporto Ispra Snpa, 2021). La Calabria vanta anche il record negativo di avere il 65% dei suoi paesaggi costieri stravolti per sempre dal cemento: su un totale di 798 chilometri di costa (il 19% dell’intera penisola), meno di un quarto sono rimasti intatti, mentre ben 523 chilometri sono stati deturpati da interventi edilizi, spesso illegali.

In Italia ed in Calabria si continua, nonostante il declino demografico e socioeconomico, a cementificare così tanto perché è il modo più facile per creare rendite fondiarie e immobiliari che diventano comode rendite finanziarie, anche per la ‘ndrangheta. Le scellerate politiche urbanistiche degli ultimi decenni hanno favorito l’accelerazione della cementificazione senza alcuna tutela del paesaggio come dimostrano non solo le deroghe per le Grandi Opere, ma anche i provvedimenti come lo “Sblocca Italia” e come quest’ultimo tentativo di rimessa in vigore del berlusconiano “Piano casa” da parte della giunta Spirlì.

da “il Manifesto” del 18 dicembre 2021
foto di Marco Benincasa da Pramana