Tag: eolico

Il Nord si prende anche il sole. -di Tonino Perna

Il Nord si prende anche il sole. -di Tonino Perna

È incredibile come le popolazioni del Mezzogiorno siano sempre lente a cogliere le opportunità, gli incentivi, i cambiamenti che possano valorizzare le proprie risorse naturali con un minimo di impatto ambientale. È il caso delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), ovvero di un insieme di utenti che volontariamente decidono di cooperare e condividere la produzione e utilizzazione dell’energia rinnovabile. Le Cer nascono dal basso, da parte di cittadini sensibili all’ambiente e desiderosi di fare qualcosa per migliorare la vita sul nostro pianeta, tendendo anche d’occhio la tasca, ovvero la spesa crescente delle famiglie per la bolletta elettrica.

Con il decreto attuativo del 22/1/2024 è diventato concreto anche un sistema di incentivi che offre lo Stato alla costituzione delle Cer e alla produzione di questa energia condivisa. In particolare, per i Comuni sotto i 5.000 abitanti, è previsto un finanziamento di 2,2 miliardi di euro, grazie ai fondi del Pnrr.

Al momento in Italia, secondo i dati forniti dal GSE (l’ente nazionale di gestione dell’energia) sono operanti 154 comunità energetiche, che utilizzano prevalentemente pannelli fotovoltaici e sono localizzate soprattutto nel Nord Italia. Il Piemonte, che guida questa classifica, con le sue 27 Cer in funzione riesce a produrre il 19% di tutta l’energia nazionale prodotta da queste comunità, più dell’intero Mezzogiorno, per non parlare della Calabria dove risultano costituite tre Cer, ma finora operante sembrerebbe ce ne sia solo una a san Nicola da Crissa. Il condizionale è d’obbligo perché abbiamo informazioni non univoche.

Insomma, come meridionali abbiamo il sole e il vento in gran quantità, e potremmo dare un grande contributo alla riduzione della CO2, ridurre la dipendenza dall’estero per l’importazione di combustibili fossili, e fare risparmiare famiglie e imprese. Che cosa ce lo impedisce? Questa volta non ce la possiamo prendere con la classe politica, ma dobbiamo prendere atto della nostra allergia congenita nel creare strumenti comunitari, nel condividere con altri beni e servizi.

Aveva ragione Robert Putnam che negli anni ’90 analizzando la differenza socio-economica tra Centro-Nord e Mezzogiorno aveva individuato nella carenza di “capitale sociale”, inteso nell’accezione di capacità di mettersi insieme per un bene comune, la debolezza cronica e storica del Sud Italia. La paradossale situazione delle Cer che si istituiscono al Nord , dove il sole è più avaro, e non al Sud dove l’irradiazione solare è anche eccessiva, conferma la tesi di Putman e di altri politologi e sociologi che su questa base hanno svolto altre ricerche e trovato altre conferme.

Ci possiamo consolare col fatto che Nord e Sud sono punti di vista a seconda di dove ci collochiamo: in Germania dove il sole, quando c’è, assomiglia più ad un a lampadina che ad una stella, sono operanti più di mille Cer che si sono costituite più di dieci anni fa!

da “il Quotidiano del Sud” del 2 settembre 2024

Eolico e solare sotto attacco. Regolare, non bloccare le rinnovabili.-di Tonino Perna

Eolico e solare sotto attacco. Regolare, non bloccare le rinnovabili.-di Tonino Perna

In tutta Italia sta emergendo una critica incessante e capillare alla diffusione delle energie rinnovabili, in particolare rispetto al solare e all’eolico. Paradossalmente, questa critica proviene in questo momento storico proprio da una parte significativa del mondo ambientalista. È come se persone impegnate da tanti anni in difesa dell’ambiente avessero dimenticato che dobbiamo uscire dalla dipendenza dalle fonti fossili che ancora rappresentano nel nostro Paese oltre la metà della produzione di energia, pari al 56 per cento del totale dell’energia prodotta.

Certo, l’Italia ha fatto passi da gigante negli ultimi quindici anni nel campo delle energie rinnovabili, soprattutto solare ed eolico. Ma, dobbiamo ancora avanzare nella sostituzione dei combustibili fossili, che vergognosamente ricevono notevoli contributi pubblici, anche per gli impegni presi a livello internazionale ed europeo.

Le critiche mosse da una parte del movimento ambientalista, da alcuni noti intellettuali, hanno un fondamento che non va sottovalutato. Questa crescita degli impianti eolici e solari è avvenuta molte volte senza un criterio, sfruttando incentivi e la mancanza di una pianificazione territoriale. Importanti estensioni di terreno sono state sottratte all’agricoltura per essere utilizzate da una miriade di pannelli solari.

Così come impianti eolici in località che hanno una particolare valenza paesaggistica sono stati installati senza tenerne conto. Va detto con chiarezza: non bisogna fermare la crescita degli impianti solari ed eolici, ma bisogna che questo sviluppo avvenga all’interno di una pianificazione sul piano regionale. I pannelli solari vanno messi sugli edifici, ad iniziare da quelli pubblici (scuole, ospedali, ecc.) e vanno collegati (questo è uno scandalo di cui poco si parla, frutto della sciatteria di alcuni enti locali, e di cui potrei fornire un vergognoso elenco).

Gli impianti eolici vanno impiantati dopo uno studio attento e possibilmente, là dove ci sono le condizioni, vanno messi off shore. Chi scrive, in qualità di presidente del Parco Nazionale Aspromonte promosse il primo parco eolico in Italia all’interno di una area protetta, dopo aver avuto il supporto delle principali associazioni ambientaliste, infischiandosene dei soliti Sgarbi, Ripa di Meana e compagnia blasé che nelle pale eoliche avevano visto i mulini a vento del Don Chisciotte della Mancia.

Infine, vanno moltiplicate le iniziative che vanno nella direzione del risparmio e della gestione migliore dell’energia da fonti rinnovabili come avviene con le “Comunità energetiche”, che andrebbero promosse dovunque come giustamente affermava su questo giornale l’ingegnere Piero Polimeri qualche giorno fa.

E veniamo al dibattito che si è sviluppato in Calabria nell’ultimo anno. Diversi interventi critici sull’avanzata degli impianti solari ed eolici hanno sottolineato il fatto che la Calabria consuma meno energia di quella che produce, e quindi non avrebbe senso continuare a installare impianti per le rinnovabili. Intanto va subito chiarito che questo surplus energetico è dovuto alla presenza della centrale termoelettrica di Rossano, senza la quale dovremmo importare energia dalle altre regioni.

Pertanto, se vogliamo essere veramente indipendenti dal petrolio dobbiamo aumentare la produzione di energia rinnovabile. Ma, soprattutto, ragionare in questo modo fa il paio con chi sostiene l’autonomia differenziata, ovvero guardare al proprio territorio fregandosene del contesto nazionale. Il Mezzogiorno nel suo complesso produce oggi oltre il 90% dell’energia eolica che viene messa in rete e intorno al 45% dell’energia solare. In una logica di autonomia differenziata si dovrebbe dire basta: non mettiamo più pale eoliche nel territorio meridionale.

Se invece superiamo la logica dell’egoismo territorialista allora possiamo far pesare questo grande contributo alla transizione green che sta dando il nostro Sud, rivendicando una logica nazionale anche per la sanità, la scuola, ecc. O siamo un Paese con obiettivi condivisi e camminiamo nella stessa direzione dando a tutti i cittadini gli stessi diritti fondamentali o ritorniamo agli statarelli già condannati dal “grande fiorentino”: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello”.

da “il Quotidiano del Sud” del 5 maggio 2024

Il dibattito sull’eolico in Calabria.-di Tonino Perna

Il dibattito sull’eolico in Calabria.-di Tonino Perna

Il “Quotidiano del Sud” ha avviato un importante dibattito sull’uso dell’energia eolica che spero continui e coinvolga anche chi ha ruoli di governo del territorio. La questione delle energie rinnovabili è una cosa seria, ma spesso viene affrontata superficialmente e con categorie ideologiche. Tra i contributi più interessanti c’è stato quello del Prof. Ferdinando Laghi, consigliere regionale e vicepresidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente. Il contributo di Ferdinando laghi è prezioso perché pone una questione di metodo.

Ogni fonte di energia, infatti, ha i suoi vantaggi e svantaggi rispetto all’ambiente e non va vista in assoluto ma relativamente ad altre fonti energetiche e al territorio che viene coinvolto. I pannelli solari, ad esempio, sono un’ottima fonte di energia rinnovabile, ma nessuno si sognerebbe di metterli sul Colosseo o sulla Cattedrale di Gerace o la Cattolica di Stilo. Invece, purtroppo, per sfruttare gli incentivi diverse imprese agricole li hanno impiantati su terreni agricoli togliendo spazio alla produzione di beni vitali per l’alimentazione umana ed animale.

Lo stesso approccio problematico, ma non preconcetto, bisogna avere rispetto alla installazione di pale eoliche, entrando nello specifico di singoli interventi. Intanto va ricordato che esistono pale eoliche di diverse dimensioni e forme, così come esistono condizioni climatiche che rendono antieconomica questa fonte (ad esempio nel Nord Italia) per la scarsa frequenza di venti con un minimo di intensità. Va quindi utilizzato, per un periodo congruo, un anemometro prima di installare una pala eolica. In secondo luogo va scelta con cura la localizzazione tenendo presente l’impatto acustico, i campi elettromagnetici, l’incidenza sul paesaggio, la vicinanza di insediamenti umani.

Chi scrive, quando era presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte, ha promosso la prima installazione di un parco eolico in Calabria, costituendo una società denominata Eolo 21 con la partecipazione dei Comuni aspromontani interessati. Per scegliere la localizzazione sono stati consultati, fra gli altri, il WWF, la Lipu, la Facoltà di Ingegneria di Roma La Sapienza, e naturalmente l’amministrazione comunale coinvolta nella scelta. Abbiamo costituito una società a maggioranza pubblica affinché i Comuni, oltre ad essere protagonisti nella localizzazione di eventuali impianti eolici, ne traessero anche un maggior vantaggio economico rispetto a quanto normalmente offre il privato.

Infine, credo che vada fatta chiarezza sulla presunta autosufficienza energetica della Calabria. E’ vero che questa regione è esportatrice netta di energia ma lo fa grazie agli impianti termoelettrici presenti, mentre la produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico e solare) coprono circa i tre quarti del fabbisogno. Per arrivare all’autosufficienza energetica “pulita” e rendere veramente green questa regione dovremmo cominciare, come suggerisce Ferdinando Laghi, a spegnere progressivamente le centrali termoelettriche mentre aumentiamo la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Facendola finita con inerzie e sprechi, a partire dal completamento di opere rimaste inspiegabilmente sospese, come le previste centrali idroelettriche che dovevano entrare in funzione collegandole alla diga sul Metramo e a quella sul Menta. Per non parlare delle Comunità energetiche che si stanno diffondendo in tutto il Nord Italia dove le condizioni climatiche non solo favorevoli e stentano a partire nella nostra regione. D’altra parte è noto il paradosso: ci sono più pannelli solari per abitante a Bolzano che a Reggio Calabria.

Se si puntasse seriamente ad una vera transizione energetica in Calabria, si potrebbe non solo vivere meglio con minore inquinamento, ma anche rivendicare a livello nazionale ed europeo questo contributo alla riduzione della CO2. Con un programma che utilizzasse veramente questa grande risorsa ci sarebbe una rilevante ricaduta in termini di lavoro qualificato, di riduzione della bolletta elettrica per famiglie e enti pubblici.
Cosa ci manca?

da “il Quotidiano del Sud” del 28 dicembre 2023.

Di cattivi esempi sono lastricate le vie dell’eolico.- di Ferdinando Laghi

Di cattivi esempi sono lastricate le vie dell’eolico.- di Ferdinando Laghi

A Monterosso Calabro, in provincia di Vibo Valentia, lungo il crinale del Monte Coppari, quattromila faggi d’alto fusto saranno abbattuti, ove non si intervenga, per far posto a sei pale eoliche di 150 metri d’altezza, mentre lo splendido paesaggio del golfo di Squillace rischia di essere irreparabilmente stravolto e deturpato dall’insediamento di una selva di aerogeneratori offshore. Terribili aggressioni – ambientali e non solo- di una inaccettabile speculazione affaristica.

Né vale invocare, a giustificazione di interventi ai quali fortemente si oppongono Associazioni ambientaliste, nazionali e locali, e Comitati sorti per difendere il territorio calabrese da assalti ormai continui, la tesi delle energie rinnovabili, “pulite”, necessarie per bilanciare e sostituire quella da combustibili fossili. La faccenda non è né così lineare, né così semplice.
Basti pensare al fatto che non vi è alcun piano energetico che preveda una progressiva sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili, ma le une si vanno a sommare alle altre in una brutta “addizione”, che nuoce alla Calabria e a chi vi abita.

Nel 2020 la Calabria ha avuto un surplus di produzione energetica del 179,5%. Nello specifico, l’eolico con i suoi 400 impianti, ha contribuito con 2.132 GWh – pari a circa il 13% del totale- alla produzione complessiva calabrese di 16.597 GWh (dati TERNA). Una quantità di molto superiore ai consumi che, invece, negli scorsi anni hanno avuto una tendenza al decremento. Per altro, ad onta della sua “spendibilità” di immagine, anche quella eolica presenta delle criticità che dovrebbero essere conosciute e ben valutate prima della concessione di autorizzazioni, richieste, in realtà, soprattutto per mettere le mani sui ricchi incentivi economici previsti per tali fonti energetiche.

Gli impatti collegati alla presenza di una centrale eolica sono numerosi, non soltanto dal punto di vista ambientale e paesaggistico, ma anche per i rischi per la salute. Senza tacere dei danni che queste iniziative possono determinare alle economie locali. Ad esempio, nei casi di cui si parla, alle attività turistico-escursionistiche del vibonese o dei pescatori del crotonese.
Le dimensioni delle pale eoliche sono andate progressivamente aumentando nel tempo – la torre può essere alta 150 metri e oltre, mentre il diametro disegnato dalle pale rotanti arriva a superare i cento metri.

I luoghi scelti per la collocazione delle turbine sono in genere zone boscose, come i crinali montuosi, o comunque le aree rilevate, più esposti ai venti. Ma per raggiungerle è necessario costruire strade, abbattere alberi, distruggere la vegetazione presente, contribuendo significativamente al consumo di suolo. L’area individuata per il posizionamento di ogni singola pala viene ricoperta da una colata di cemento per ancorare la torre al terreno. C’è poi un altro impatto certamente non trascurabile, rappresentato dalle opere di adduzione dell’energia prodotta agli elettrodotti che devono veicolarla, con l’ulteriore impatto ambientale su flora e fauna, magari in aree protette, come le Zone di Protezione Speciale (ZPS) che andrebbero ben diversamente salvaguardate. Si è anche molto parlato dei danni all’avifauna per gli uccelli colpiti dalle pale rotanti, problema forse enfatizzato in passato, ma comunque presente e da considerare in una valutazione complessiva costi-benefici.

Ci sono poi ulteriori ricadute, questa volta sulla salute umana. Ove la distanza dalle abitazioni non sia sufficiente, il rumore può rivelarsi disturbante e dannoso per la salute, come la “Sindrome da turbina eolica”, caratterizzata da una serie di sintomi (tra cui vertigini, mal di testa, nausea, offuscamento della vista, tachicardia, insonnia, disturbi della libido).
Nel caso le pale rotanti si interpongano tra l’edificio e i raggi del sole, si verifica il cosiddetto “shadow flickering” –letteralmente, ombreggiamento intermittente- a causa della rapida sequenza sole-ombra-sole, determinata dal ruotare delle pale. Inoltre la presenza di una produzione di energia elettrica e il suo conferimento agli elettrodotti di trasporto, genera inevitabilmente campi elettromagnetici (CEM), ben noti determinanti ambientali di salute.

Né si può non citare un aspetto che, in Calabria, ha toccato livelli inquietanti, quello del malaffare e della infiltrazione criminale e ‘ndranghetista. La storia della produzione energetica dell’eolico calabrese è punteggiata da una lunga teoria di scandali e inchieste della magistratura – da “Eolo” nel 2006, a “Via col vento” del 2019- con indagini che hanno riguardato politici del governo regionale, multinazionali dell’energia e faccendieri vari, che dal grande business dell’eolico (ogni megawatt installato rende almeno 300mila euro l’anno per trenta o anche quarant’anni) hanno tratto enormi vantaggi economici, arrivando a far modificare, per il proprio tornaconto, il Piano Eolico Regionale. Il tutto spesso all’ombra di “famiglie” ‘ndranghetiste che hanno tratto da questo business, che continua senza conoscere crisi, i proventi maggiori.

da il Manifesto del 10 febbraio 2022

Energie rinnovabili.-di Tonino Perna Il tesoro calabrese a patto che si superi l'inerzia

Energie rinnovabili.-di Tonino Perna Il tesoro calabrese a patto che si superi l'inerzia

Malgrado la delusione (per altro prevedibile) per i risultati del G20 sulla questione del contrasto al mutamento climatico, l’Ue prosegue la sua strada e chiede ai paesi membri di dare un maggior impulso agli investimenti green e, più in generale, ad un approccio complessivo al nostro modello di sviluppo.
Uno dei pochi settori dove già si vede la svolta è quello dei trasporti: auto elettriche, treni e navi ad idrogeno, sostituzione progressiva del trasporto merci su gomma con altri vettori con minore impatto ambientale.

Questa accelerazione nel campo dei trasporti è indubbiamente dovuta al fatto che rappresenta per l’industria automobilistica in primis, e per altri settori, una straordinaria domanda in una fase in cui il mercato dei mezzi di trasporto (in particolare delle auto e camion) è entrato in crisi, soprattutto in Occidente. Pertanto, ci piaccia o no, dovremo a breve sostituire le nostre auto che usano combustibili fossili con le auto elettriche, passando per una fase di utilizzo delle auto ibride.

Si ridurrà certamente l’inquinamento nelle città, ma non è detto che si riduca complessivamente se le colonnine elettriche, che sostituiranno gli attuali distributori di benzina e gasolio, saranno alimentate con sistemi convenzionali.

Vale a dire: se la mia auto si ricarica con una corrente elettrica prodotta da una centrale termoelettrica che brucia combustibili fossili, non si è risolto un bel nulla in tema di riduzione della CO2. Anzi si potrebbe aggravare perché c’è da contabilizzare l’inquinamento prodotto nella produzione delle batterie, con la relativa estrazione di minerali preziosi, e in aggiunta si pone un problema di smaltimento di milioni di batterie. Insomma, è chiaro che bisogna fare il massimo sforzo perché le macchine elettriche siano alimentate con le energie rinnovabili.

In Calabria potremmo avere condizioni ideali per far camminare le nostre auto e i mezzi pubblici grazie all’uso di energia solare, eolica, biogas. Anche la presenza di tanti borghi e piccoli centri, di tanti spazi attigui alle abitazioni dove collocare pannelli solari o il mini eolico, facilita l’uso di queste energie e consente alle famiglie un grande risparmio.

Ci sono gli incentivi per ammortizzare parte dell’investimento iniziale, ma finora non si è trovato un antidoto ad un virus che abita le nostre contrade: l’inerzia. Non si capisce perché una città come Reggio Calabria baciata dal sole per una gran parte dell’anno abbia meno della metà dei pannelli solari, termici e fotovoltaici, installati a Bolzano, con centomila abitanti contro i 170mila del capoluogo calabrese! E questo vale per tutta la Calabria con pochissime eccezioni.

Quarant’anni fa quando venivano installati i primi pannelli solari termici a Crotone, pensavamo che questa Regione sarebbe diventata come la California o la Florida, in termini di uso dell’energia solare ed eolica. Non siamo certo all’anno zero ma molta strada deve essere percorsa, e non si può perdere questa ultima occasione che ci offre il Pnrr (Programma nazionale recovery e resilienza).

Bisognerebbe già da questo autunno partire con una campagna di sensibilizzazione e promozione, cominciando dalle scuole medie superiori e dalle Università perché sono i giovani i più aperti alle novità, i più adatti a spingere le proprie famiglie ad investire sul futuro, dotarsi di accumulatori da energie rinnovabili, a cogliere quale grande opportunità economica e ambientale può offrire questo cambiamento.

C’è poi da segnalare una grande novità in questo campo: la nascita delle comunità energetiche nella Ue. Una strada maestra per ricreare vincoli di comunità, risparmio energetico e finanziario. Ma, di questo ne parleremo meglio la prossima volta.

da “il Quotidiano del Sud” del 3 novembre 2021
Foto di Maria Godfrida da Pixabay