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Il caso Lucano: la legge, la giustizia e l’hubris .-di Sarantis Thanopulos

Il caso Lucano: la legge, la giustizia e l’hubris .-di Sarantis Thanopulos

L’«hubris» è un concetto fondamentale nella definizione della giustizia, mai preso in considerazione dai sistemi giuridici. Per la nota discrepanza tra giustizia e legge.

Nel greco antico il termine indicava la crescita rigogliosa di una pianta che invade e impedisce lo sviluppo delle altre piante. Esso designava metaforicamente l’eccesso di protervia che porta ad oltrepassare la misura.

La legge punisce l’infrazione delle regole, ma non contempla come suo oggetto diretto il superamento del limite. Spesso è essa stessa hubris, specie nei paesi oligarchici, ma anche in quelli democratici. Di ciò è un esempio grave la pena di morte. Nel nostro paese ha superato i limiti etici, nonché quelli stabiliti dalle leggi internazionali di soccorso, la legge Severino.

La giustizia è la forza che si oppone al venir meno del senso della misura. Più grave è il superamento della misura (da sempre legato al diritto di chi è senza scrupoli, del più spietato), più forte è l’opposizione tra il suo autore e la società dei giusti, la comunità della Polis democratica. Giusto e democratico è ciò che si compie con misura, equilibrio secondo le regole che in origine erano quelle della musica, del canto degli uccelli (Monica Ferrando).

Più la legge si allontana dalla giustizia, più è hubris in se stessa. Nessuna logica giuridica la può assolvere del danno che infligge alla natura più intima e inviolabile delle relazioni umane da cui emanano i diritti umani, valori etici al di sopra di ogni altro diritto e di ogni legge. Si tenga presente che sulla giustizia si fonda la sanità psichica collettiva.

Nella condanna di Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi di carcere, il doppio della condanna chiesta dal pubblico ministero, sono molte le cose che non convincono, a partire dalla mancata applicazione del principio del reato continuato (l’infrazione con azioni diverse, volte a realizzare un unico progetto criminoso, di una o più disposizioni di legge) e la contemporanea attribuzione del reato di associazione a delinquere a una persona a cui si riconosce di aver agito senza interesse personale.

Sarà la pubblicazione delle motivazioni della sentenza a rendere più chiaro l’agire dei giudici e saranno i successivi gradi di giudizio a stabilire se essi hanno agito nel rispetto della civiltà giuridica e della legge. Esiste, tuttavia, un punto che fin da ora deve far riflettere: l’uso di un criterio computazionale nella valutazione della pena. Esso introduce una dimensione algoritmica nella gestione del rapporto tra Stato e cittadini che finora si è fatta strada in un paese non propriamente democratico, la Cina.

Un magistrato non applica la legge alla lettera. Basterebbe aver letto Kafka per comprendere che non può pensare da ragioniere. Deve saper valutare le circostanze umane, i fattori sociali, culturali, politici e psicologici di cui la legge non tiene conto. Se si parla di «spirito della legge», è perché nessuna legge è satura e a sé stante. L’ispirazione della sua «interpretazione», che spetta a un soggetto responsabile, è la giustizia, il sapere condiviso su ciò che è umanamente sensato, misurato.

Condannare un uomo dignitoso, incensurato, povero di sostanze materiali a una pena degna di un mafioso è, nella migliore delle ipotesi (in attesa di vedere confermata la validità del dispositivo della sentenza), un eccesso di «accanimento terapeutico», un’ammonizione educativa nei confronti dei cittadini francamente, totalmente fuori luogo.

Sul piano della giustizia, la sentenza nei confronti di Mimmo Lucano è hubris.

I giudizi non devono ergersi al di sopra del senso della misura. Devono valutare in modo equilibrato, sereno. La serenità del giudizio non significa assenza di sofferenza psichica. Tra i servitori della città c’è molto più senso di responsabilità in chi soffre rispetto a chi dimentica la condivisione dei valori universali, convinto di stare bene con la propria coscienza.

da “il Manifesto” del 9 ottobre 2021.

Perché siamo solidali con Mimmo Lucano, il fuorilegge.-di Gaetano Lamanna

Perché siamo solidali con Mimmo Lucano, il fuorilegge.-di Gaetano Lamanna

Trattato come un delinquente. Prima del processo aveva subito un provvedimento di allontanamento da Riace. Non poteva rientrare nel suo paese nemmeno per fare visita al padre vecchio e malato. Considerato peggio di un mafioso. Si dà il caso, però, che Mimmo Lucano non sia un mafioso, ma un cittadino onesto, buono e generoso. Una testa dura, come tante in Calabria. Ci troviamo di fronte ad una contraddizione clamorosa tra legge e giustizia. Non sempre la legge va d’accordo con la giustizia. Spesso per fare o avere giustizia si deve cambiare una legge. È stato fatto tante volte. Ma è un processo lungo e laborioso. Richiede a volte battaglie, movimenti, petizioni popolari, referendum, prima che il parlamento si decida a cambiare una legge ingiusta o a promuovere dei diritti.

È stato così per lo Statuto dei lavoratori. È così per lo ius soli. È stato così per il delitto d’onore, per l’aborto, per il divorzio, e tanti altri esempi si potrebbero fare. Il diritto, che sta alla base della legge, si evolve, segue la storia, si aggiorna in base ai mutamenti storici e politici. Al tempo dei greci e dei romani, la schiavitù non era illegale. Nel medioevo i privilegi feudali e la servitù della gleba erano legali. Il diritto non è neutro.

Il più delle volte si limita a codificare norme, convenzioni, costumi, già in uso. Trasforma in legge lo status quo. In genere prende atto dei rapporti di potere. Con la rivoluzione francese la borghesia nascente rovescia il vecchio mondo feudale, plasmato a misura dell’aristocrazia, stretto da vincoli, privilegi e regole che impedivano l’accumulazione del capitale, il libero mercato e lo sviluppo industriale. Per andare a tempi più recenti, durante i governi a guida Berlusconi abbiamo visto anche leggi ad personam, reati declassati o spariti dal codice da un giorno all’altro.

Il diritto, dunque, è stato sempre modellato sulla base degli interessi della/e classe/i al potere. È la storia. Fuori della storia e del buon senso sono i giudici di Locri. Per fare funzionare il modello Riace, un modello di accoglienza e di inclusione studiato in tutto il mondo, Mimmo Lucano ha dovuto infrangere leggi vecchie e inadeguate. Come quella, ad esempio, che non dà diritto ai bimbi che nascono e studiano in Italia di avere la cittadinanza. O come quella che nega la casa popolare, il diritto ad un alloggio agli immigrati regolari che sono residenti in Italia da meno di 10 anni. Mimmo Lucano si è inventato il lavoro, ha messo in movimento un’economia asfittica.

E per fare questo ha dovuto inventarsi perfino una moneta alternativa. Un modo che permettesse ai nuovi arrivati di vestirsi e di mangiare, fino a quando il ministero dell’Interno, guidato allora da Marco Minniti ( e poi da Salvini), non si fosse degnato di trasferire un po’ di soldi per pagare i fornitori. A Riace case, botteghe artigiane, negozi, avevano riaperto i battenti. Il paese si era ripopolato, ritornando a nuova vita, al contrario di tanti paesi morti della Calabria.
Ai coccodrilli che piangono per i borghi abbandonati, il sindaco di Riace aveva mostrato una via concreta per la rinascita.

Un’alternativa allo spopolamento e all’abbandono dei villaggi. Dopo la rottura del latifondo e la riforma agraria, la Calabria è entrata nella modernità pagando un prezzo altissimo in termini di emigrazione. Ha fornito braccia a buon mercato allo sviluppo industriale del Nord e dell’Europa. Ha distrutto un artigianato fiorente che non ha retto l’urto del mercato dei prodotti industriali. Anche molti che avevano beneficiato della riforma agraria hanno abbandonato le campagne per lo scarso sostegno pubblico, indirizzato soprattutto ad agevolare l’attività edilizia e commerciale, oltre che posti di lavoro nella pubblica amministrazione.

La Calabria diventa terra di consumo. Si sviluppa un’economia dipendente e funzionale alla crescita economica delle regioni centro-settentrionali. Con un ceto politico attento solo ad intercettare i flussi di spesa pubblica e a gestire affari e malaffari. In questo contesto non c’è posto per la Calabria dei villaggi, per le comunità rurali, collinari e montane.

Mimmo Lucano ci ha fatto intravedere (in una piccola realtà) un’alternativa possibile, un modo innovativo e solidale per far rinascere i nostri borghi. Scontrandosi con l’ottusità della burocrazia e con politici attenti al loro tornaconto personale. Nel frattempo, Marco Minniti, dopo avere avuto tutto (e di più) dal suo partito, si è seduto sul comodo treno della Fondazione Leonardo. Mimmo, invece, se l’è dovuta vedere con magistrati che invece di perseguire l’illegalità mafiosa hanno acceso i riflettori sui suoi reati. Commessi con la convinzione di fare del bene. Era l’unico modo per salvare vite, per fare andare avanti una vera integrazione, per sbloccare situazioni impigliate nei meandri della burocrazia e o ritardate da leggi inadeguate.

Mimmo Lucano è un «fuorilegge», ha agito in difformità di leggi ingiuste o sbagliate che non gli permettevano di agire a favore degli immigrati e degli abitanti di Riace. Non è certo un ladro o un criminale, come ce ne sono tanti anche in doppio petto. Questa condanna è una vergogna. Una grave ingiustizia. Chi non accetta le ingiustizie e si batte per il cambiamento non ha che schierarsi con lui, mostrando che non è solo e isolato, ma un punto di riferimento. Il voto del 3-4 ottobre è l’occasione. È il modo per esprimergli, non solo a parole, solidarietà.

da “il Manifesto” del 3 ottobre 2021

Mimmo Lucano colpevole di reato di umanità.-di Tonino Perna

Mimmo Lucano colpevole di reato di umanità.-di Tonino Perna

La sentenza del tribunale di Locri, che condanna Mimmo Lucano alla pena di 13 anni e due mesi, lascia esterrefatti, indignati, increduli. Quella parte del nostro paese che ancora crede nella democrazia e nell’amministrazione della giustizia ne resta sconcertata.

Se la richiesta del Pubblico ministero, di una pena di 7 anni, già sembrava una mostruosità, con questa sentenza il giudice ha giocato al raddoppio andando al di là di ogni possibile appiglio giuridico.

Conosco Mimmo Lucano dall’autunno del ’98 quando venne a Badolato, dove il Cric (una Ong molto attiva in quel periodo) aveva realizzato il primo progetto di accoglienza degli immigrati, con la finalità di far rinascere un borgo antico abbandonato.

Mimmo con la semplicità e spontaneità che lo ha sempre contraddistinto ci disse che voleva fare la stessa cosa nella sua Riace: «Mi date una mano?». Così nacque il progetto-Riace, grazie ad un prestito importante di Banca Etica e, soprattutto, alla solidarietà di decine di associazioni, italiane e straniere, a partire dalla comunità anarchica di Longo mai che oltre all’aiuto in denaro organizzò un flusso di centinaia di turisti solidali.

Per non parlare di Recosol, la rete del Comuni Solidali che per quasi vent’anni ha sostenuto in tanti modi questa esperienza, diventata un progetto collettivo.

Mimmo Lucano ne rappresenta l’icona, avendogli dedicato tutta la sua vita da adulto, fino a rinunciare alla propria famiglia per occuparsi dell’accoglienza dei migranti. Colpirlo in questo modo significa colpire il modello Riace, conosciuto in tutto il mondo come simbolo concreto e veicolo formidabile di un’altra immagine della Calabria e dell’Italia, capace di dimostrare l’esistenza di una alternativa reale alle baraccopoli, ai ghetti, alle politiche di respingimento di esseri umani che chiedono solo di poter vivere con dignità.

Non solo. Il modello Riace, per fortuna ripreso da diversi comuni calabresi e di altre regioni, è stata e resta la strada maestra per il recupero delle aree interne abbandonate e degradate, offrendo una risposta efficace ai rischi ambientali di smottamenti, frane, alluvioni, in gran parte dovuti proprio a questo drammatico, progressivo abbandono di territori vasti e preziosi per il futuro sostenibile del paese.

Ma, cosa ha fatto di così grave Lucano per meritare una pena che viene comminata ad assassini incalliti, a mafiosi, a trafficanti internazionali di droghe, a stupratori seriali, a terroristi? L’ex sindaco di Riace viene accusato di favoreggiamento di immigrazione clandestina per aver consigliato ad una donna immigrata, disperata perché stava per essere respinta nel suo paese, di sposare un uomo anziano.

Chi di noi in queste circostanze non si sarebbe sentito di suggerirlo come stremo rimedio? E in ogni caso, se è un reato celebrare un matrimonio tra una giovane donna immigrata e un anziano italiano allora annulliamo migliaia di matrimoni e arrestiamoli tutti.

L’altra pesante e incredibile accusa che gli viene contestata è quella di clientelismo a fini elettorali, di truffa, peculato e abuso d’ufficio, ma non un euro gli è stato trovato nelle sue tasche, né esiste alcuna prova che si sia appropriato di denaro pubblico in qualche modo.

La verità, scomoda, molto scomoda, è una sola: Lucano è accusato di «reato d’umanità» per aver accolto decine di migliaia di immigrati, che la Prefettura gli inviava come ultima spiaggia. Per aver cercato di farli lavorare dignitosamente, per aver fatto rinascere un paese totalmente abbandonato, Lucano è diventato un dei più pericolosi delinquenti in circolazione.

Le sue lacune amministrative, l’avere poca dimestichezza con le regole burocratiche gli hanno fatto commettere errori amministrativi, dove tuttavia non c’è dolo, appropriazione di denaro, tangenti o associazioni a delinquere, ma solo ingenuità, superficialità e, se vogliamo, faciloneria di chi non sopporta i vincoli della nostra farraginosa burocrazia.

Con questa sentenza il tribunale di Locri inserisce, di fatto se non di diritto, il «reato d’umanità» nel panorama giuridico del nostro paese, creando un precedente inquietante. È un ennesimo segnale che ci mostra la crisi profonda che attraversa la nostra magistratura, e quindi le istituzioni democratiche. Ne prendiamo atto, ma non ci arrendiamo perché non vogliamo finire nella terra di Erdogan.

E per salvare la nostra democrazia e la nostra stessa società, già oggi si terrà una manifestazione a Riace in suo sostegno. Naturalmente non ci fermeremo qui, puntando sul fatto che in Appello si possa smontare questa sentenza incredibilmente iniqua.

da “il Manifesto” del 1 ottobre 2021

Appello per Mimmo Lucano in Consiglio Regionale

Appello per Mimmo Lucano in Consiglio Regionale

Una presenza prestigiosa e trainante, in cui si riassume un’utopia concreta: quella della RIACE
accogliente, inclusiva, solidale, capace di ridare vita ad un paese in via di abbandono, come
quasi tutti i paesi delle zone interne della regione, attraverso una nuova idea e pratica dello
sviluppo locale.

Non si tratta di un percorso individuale ma di un’ esperienza inedita, difficile e affascinante
costruita in vent’anni attraverso un’ampia partecipazione corale – accanto a Mimmo Lucano – di
apporti culturali, politici e umani provenienti da tutta Italia e da molte parti dell’Europa.
RIACE è un modello di riferimento mondiale sui temi dell’accoglienza e dello sviluppo locale
“dolce”, basato su inclusione e lavoro, su integrazione sociale e partecipazione. Un modello che,
nel post pandemia, si presenta come un vero e proprio paradigma per alimentare relazioni umane
ed economie circolari, sostenibili e durature nelle zone interne e nell’insieme delle aree
marginalizzate da un trentennio di politiche liberiste.

Mimmo Lucano è un’icona di attaccamento e radicamento al proprio paese, alla terra, alla
Calabria. Non un radicamento chiuso, autocontenuto, localistico, bensì un radicamento dinamico
e aperto agli influssi esterni. Per Mimmo Lucano la forte simbiosi con la propria terra non
significa chiusura agli esterni, agli stranieri, al contrario la forza e l’originalità del suo modello è proprio la capacità di ibridazione tra locale ed esterno, tra bisogni dei nativi e bisogni dei nuovi
arrivi, tra i desideri di rinascita dei paesi e le speranze di ricominciare altrove degli immigrati.
Dunque è del tutto “naturale” la candidatura di Mimmo Lucano in una lista a sostegno dello
pseudo “straniero” De Magistris candidato a Presidente della Calabria. Una candidatura, peraltro,
che se da una parte ha forte connotato identitario, per la sua spiazzante originalità va ben al di
là del centrosinistra e ben oltre la nostra regione.

Radicamento non vuol dire isolamento.
Anche per questo un modello – in cui la visione locale si innesta in una globale – è diventato con
Mimmo Lucano l’espressione nel mondo dell’Altra Calabria e, insieme, di un altro Pianeta possibile.

Mimmo Lucano, che si è candidato con la sola forza delle sue idee, della sua grande umanità e
con l’esperienza concreta della sua Riace, rischia paradossalmente di apparire, proprio per
queste sue qualità, una sorta di “alieno”. In particolare in questa competizione elettorale che
egli ha affrontato “a mani nude”, con il sostegno delle persone candidate nella sua lista e dei
volontari impegnati nel coordinamento della campagna elettorale.

Ecco perché riteniamo necessario che, accanto a chi è già in campo, si muova, non stando alla finestra o dileguandosi, tanta gente libera che crede in valori importanti e vuole contribuire, mettendoci la faccia, ad aprire – attraverso una precisa scelta di campo- uno squarcio sul futuro amministrativo,
economico e sociale desiderabile della propria terra.

Noi, pur nel rispetto di opinioni diverse e degli altri candidati impegnati nel progetto di
cambiamento , lanciamo un appello a tutti i Calabresi che ne hanno conosciuto ed apprezzato la
storia ma anche agli altri ( soprattutto i delusi della politica altrimenti orientati all’astensionismo)a VOTARE MIMMO LUCANO

PERCHÉ LA SUA PRESENZA IN CONSIGLIO REGIONALE SAREBBE DI PER SÉ SPECIALE,
DIROMPENTE E CONSENTIREBBE DI METTERE IN MOTO CON PIU’ ENERGIA LE FORZE
INTERESSATE AL CAMBIAMENTO E ALLA TRASFORMAZIONE SOCIALE E POLITICA DELLA
CALABRIA, QUALUNQUE POTRA’ ESSERE LO SCENARIO CHE USCIRÀ DALLA
COMPETIZIONE.

Quello di Lucano sarebbe un servizio fortemente utile a tutti i cittadini, con una attenzione particolare agli
“ultimi”, agli “invisibili” e ai “non garantiti” nei propri diritti.
Ci impegniamo – e lo chiediamo a ciascuno – a contribuire in modo concreto, a dare maggiore
solidità e prospettiva agli ideali, ai sogni, alle utopie di Mimmo Lucano. E’ l’ occasione giusta
per farli nostri e provare almeno in parte a realizzarli.
Primi firmatari:

Mimmo Rizzuti- docente, attivista politico-sociale-
Nuccio Barillà –ambientalista, pubblicista-
Piero Bevilacqua storico, saggista-
Mimmo Cersosimo- economista, docente UNICAL –
Maria Josè Attinà- docente volontaria-
Edoardo Bai medico, comitato scientifico medici per l’ambiente(ISDE) –
Erminia Barca insegnante –
Cecilia Cavallo insegnante ,
Alessandra Corrado-sociologa – docente UNICAL-
Giuseppina Cundari neuropsichiatra infantile-
Piero Fantozzi – sociologo, docente UNICAL-,
Luigi Ferraro già presidente CAF CGIL Cosenza,
Stefania Fratto responsabile Centro Antiviolenza Mirabal,
Giuseppe Gaudio primo ricercatore centro politiche e bioeconomia- CREA,
Peppino Lavorato storico dirigente del PCI Calabrese, sindaco anti ndrangheta di Rosarno-
Rita Latella psicologa-
Maria Francesca Lucanto- Responsabile
BIBLIOTECA DONNE BRUZIE- Ugo Melchionda-Coordinatore GREI 250 –
Corrispondente OCSE
per INTERNATIONAL MIGRATION OUTLOOK-
Tomaso Montanari Rettore UNIVERSITÀ PER STRANIERI SIENA dal 1 Novembre 2021, commentatore politico- Ercole Giap Parini direttore DISPES UNICAL dal 1 novembre 2021 –
Romolo Perrotta Ricercatore UNICAL,
Riccardo Petrella
socioeconomista- saggista presidente AGORA’ degli ABITANTI della TERRA,
Piero Polimeni
ingegnere, ambientalista-
Francesca Prestia ARTISTA-cantastorie, docente-
Santa Rodà
casalinga-
Battista Sangineto-Archeologo docente UNICAL,
Enzo Scandurra scrittore saggista ,
Martina Talarico UNIURB,
Anna Maria Vitale sociologa docente UNICAL , A
lberto Ziparo-docente UNIVERSITA’. Firenze-
Per aderire scrivere a: mimmo.rz@gmail.com