La ripartenza e le tutele dei lavoratori che mancano.- di Massimo Covello*

La ripartenza e le tutele dei lavoratori che mancano.- di Massimo Covello*

Il tempo che abbiamo alle spalle, in Calabria, per le morti sul lavoro, cosi come per l’esplosione esponenziale delle malattie professionali, è stato un “tempo horribilis” soprattutto nell’industria e nell’edilizia. Questo è quanto sancisce il rapporto Inail, presentato a fine 2019, sui dati relativi al 2018. Diverse le cause correlate: scarsa attenzione alla tutela ed alla prevenzione, vetustà de macchinari, precarietà e dequalificazione dei lavoratori coinvolti.

Su questo allarmante dato per lo più sottovalutato e mai organicamente affrontato, dal sistema imprenditoriale, dalle forze politiche, dalle Istituzioni ed anche dalle forze sociali, visto che da sempre la prevenzione e la tutela vengono considerati un costo e non una delle responsabilità sociali a cui prestare attenzione, si è abbattuta la pandemia covid-19. In un batter d’occhio il mondo si è trovato difronte a scenari apocalittici con un nemico la cui forza letale, dopo più di un mese di Lockdown, ancora si stenta ad arginare.

Esso ha messo a nudo tutte le scelte sbagliate compiute negli anni, nella nostra regione e nel nostro Paese per intanto, sul piano sanitario, ambientale, dell’organizzazione della produzione e dei servizi, dei settori ritenuti strategici. Sul piano del lavoro, cosi come su quello sociale, per tentare di arginarne l’espansione, la strategia più efficace messa in campo è stata, ed è, la chiusura temporanea delle attività considerate non essenziali. A riferimento, sia pur a maglie molto larghe come appena ieri hanno dimostrati i dati presentati dall’Istat, è stato adottato il protocollo sicurezza che il Governo ha sottoscritto con le parti sociali il 14 Marzo scorso nonché il decreto “cura Italia”.

La regione Calabria a seguito di ciò ha promosso e sottoscritto con le parti sociali un accordo istituzionale propedeutico all’attivazione degli ammortizzatori sociali con ricorso alla cassa integrazione in deroga. Tutti questi eccezionali provvedimenti stanno consentendo, con la causale covid-19, l’attivazione di 9 settimane di chiusura delle attività fino al 31 Agosto. Per dare un dato di riferimento solo nel settore metalmeccanico in Calabria, ad ora, sono intorno ai 400 gli accordi sottoscritti come Fiom-Cgil con una platea di circa 4.500 lavoratori interessati. Sono dati drammatici sotto tutti i punti di vista. In attesa che il Governo presenti l’annunciato “programma nazionale per la fase 2” da alcuni giorni, si parla di condizioni favorevoli alla ripresa delle attività e di insostenibilità del fermo.

Io penso ci sia da stare molto attenti e da valutare bene come si potrà riprendere. La realtà per come la stiamo osservando e per come ci viene segnalata dai lavoratori e dalle lavoratrici, ci dice che, nella nostra regione, manca, a tutt’oggi non si è strutturata una azione coordinata e condivisa ad ogni livello, tra le Istituzioni, le parti sociali, per l’approvvigionamento, la distribuzione e l’utilizzazione dei Dpi. Perfino chi ha dovuto continuare a lavorare, spesso l’ha fatto e lo fa senza tutte le idonee protezioni ad ogni livello, mettendo a rischio sé stesso ed i propri vicini ogni momento.

Non c’è un piano operativo e coerente di sanificazione costante degli ambienti di lavoro; non è stato per nulla predisposto né definito un piano di mobilità pubblica e privata efficace alla prevenzione dei contagi; non esiste un piano per lo smaltimento dei rifiuti speciali covid-19. Mentre nelle pochissime grandi fabbriche presenti nella nostra regione si è proceduto ad accordi, nazionali ed aziendali, sulla ripresa con precise scelte riorganizzative, purtroppo non ci risulta che nelle migliaia di piccole aziende, parliamo del 90% di quelle calabresi, con pochi dipendenti già spesso ubicate in locali con problemi di areazione, adeguatezza degli spazi, qualità dei servizi igienici ed uso dei normali indumenti di salvaguardia, si sia provveduto a rivedere il tutto. Se per davvero si intende superare la situazione, non si tratta di ritornare al prima. Il covid-19 ha cambiato tutto.

Se si dovrà convivere con esso, non sapendo per quanto tempo e non si ritiene cinicamente la morte delle persone al lavoro un danno collaterale, nulla potrà essere come prima. Servono investimenti, tecnologia, formazione, assunzioni nei servizi di controllo, orientamento, tutela e soprattutto una nuova cultura sociale del lavoro. Serve consapevolezza e condivisione. In primo luogo delle parti sociali e delle Istituzioni. Si deve capire che le piccolissime imprese, individuali, artigiane devono essere accompagnate orientate, ed assistite non solo finanziarimente ma con servizi, aiuti di filiera, progetti di innovazione, perché non pensino che solo con la riduzione dei costi, con la precarizzazione, la flessibilità e spesso con l’evasione possano competere e salvarsi.

Servono, insomma, quelle politiche industriali diventate chimera nel Paese ed in Calabria per preservare la buona impresa ed evitare la perdita di migliaia di posti di lavoro. Le persone prima di tutto ed un nuovo modello produttivo che non consideri il lavoro e le persone delle semplici merci, anche perché non ci sono scorciatoie quando il nemico ha le caratteristiche del covid-19 .

*Segretario regionale della Fiom Cgil Calabria
da “il Quotidiano del Sud”, 23 aprile 2020

Foto da buongiornonovara.com

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