Mese: marzo 2024

Autonomia differenzata e sanità. Allarmi inascoltati-di Filippo Veltri

Autonomia differenzata e sanità. Allarmi inascoltati-di Filippo Veltri

L’allarme era, è, di quelli che non lasciano dubbi: l’autonomia differenziata “non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti”. Parola di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, per illustrare i risultati del report ‘L’autonomia differenziata in sanità‘ che esamina le criticità del Disegno di legge Calderoli approvato al Senato e ora in discussione alla Camera.

Non sembra che l’allarme abbia suscitato particolari scossoni nel mondo politico e istituzionale, tranne Rubens Curia con la sua Comunità Competente ed i Vescovi calabresi riuniti in conclave. In Consiglio Regionale un centrosinistra titubante dà invece ancora spazio ad un centrodestra diviso e lacerato, senza affondare i colpi.

Il report analizza il potenziale impatto sul Ssn delle maggiori autonomie richieste dalle regioni in materia di “tutela della salute”. Un de profundis largamente annunciato, che documenta dal 2010 enormi divari in ambito sanitario tra il Nord e il Sud del Paese e solleva preoccupazioni riguardo l’equità di accesso alle cure.

Se per le Regioni del Sud, già in fondo alle classifiche per cure essenziali e aspettativa di vita, si profila infatti il pericolo di collasso del reparto sanitario, al Nord si rischia il sovraccarico da mobilità sanitaria. Numerosi gli esempi che possono portarsi al riguardo: nessuna regione del Sud nella top 10 dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nel decennio 2010-2019; una mobilità sanitaria dal Centrosud al Nord, con tutte le regioni del Sud ad eccezione del Molise, che hanno accumulato complessivamente un saldo negativo pari a 13,2 miliardi di euro nel periodo 2010-2021, mentre sul podio si trovano proprio le tre regioni che hanno già richiesto le maggiori autonomie; scarse performance delle regioni del Centro-Sud per il raggiungimento degli obiettivi della Missione Salute del Pnrr.

“Complessivamente questi dati – spiega Cartabellotta – confermano che in sanità, nonostante la definizione dei Lea nel 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali”.

Siamo perciò oggi davanti ad una frattura strutturale Nord-Sud, che vedrà inesorabilmente aumentare le diseguaglianze già esistenti, con l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione.

I dati Gimbe dovrebbero essere, in una nazione normale, la pietra tombale sul progetto della Lega ed un Governo responsabile metterebbe da parte subito questo progetto perché il Ddl Calderoli non fa altro che aumentare il divario tra Nord e Sud del Paese in termini di servizi sanitari, distruggendo di fatto il nostro Servizio sanitario nazionale.

Se un istituto terzo come Gimbe (e non un fiero oppositore della Meloni o i pericolosi estremisti (sigh!) Schlein, Conte, Fratoianni o Santoro) certifica che l’autonomia differenziata di Calderoli spacca l’Italia e uccide la sanità pubblica del nostro Paese, di fatto regalando il servizio sanitario nazionale ai privati e a chi si potrà permettere di pagare, qualcosa dovrebbe pure succedere. E invece niente!

Il Sud si vedrà privato delle risorse necessarie per garantire qualità nei servizi, equità di accesso vedendo rinnegato il diritto stesso alla salute in favore di interessi particolari che avranno come effetto paradossale quello di accentuare il pendolarismo sanitario dal Sud al Nord. La disuguaglianza è sempre negativa, ma se c’è un campo in cui è nefasta e vergognosa è proprio quello della salute: se sei in una condizione di povertà sei discriminato, se ti viene tolto o ridotto l’accesso al servizio sanitario sei messo in pericolo di vita.

In Calabria tutto questo ragionamento deve essere moltiplicato per 2,3,4…Per mille, fate voi. La voce piu’ forte appare però ancora quella dei Vescovi.

da “il Quotidiano del Sud” del 30 marzo 2024

Se il presente aiuta a capire il passato.-di Battista Sangineto

Se il presente aiuta a capire il passato.-di Battista Sangineto

A seguito di un Convegno svoltosi a San Giovanni in Fiore nel gennaio del 2023 sono stati appena pubblicati gli Atti del simposio, a cura di Pia Tucci con un’introduzione di Vittorio Cappelli, dedicato alla figura di don Luigi Nicoletti, nato nel centro silano. Il Convegno, organizzato dalla Fondazione Heritage Calabria presieduta da Salvatore Belcastro, ha ospitato alcuni oratori che hanno analizzato da diverse prospettive la vita e l’opera di questo religioso che fu anche un giornalista acuto e agguerrito e un politico battagliero.

Luigi Nicoletti nasce in una famiglia borghese di S. Giovanni in Fiore nel 1883 e la sua vita, come ben scrive Lorenzo Coscarella nel saggio iniziale, attraversa tre fasi fondamentali. Una prima fase che va dalla formazione e ordinazione, avvenuta nel 1906, fino alla nascita del Partito Popolare; una seconda che è quella degli anni del contrasto con il fascismo e la direzione del periodico diocesano “Parole di Vita” e del suo allontanamento dalla Calabria; una terza ed ultima fase che parte dalla fondazione della Dc, nel 1943, fino alla sua morte avvenuta nel 1958.

Nel corso della sua formazione è di particolare importanza, sia per il sacerdozio sia per la politica, l’incontro, nel 1902, con don Carlo De Cardona che lo mise in contatto con i cattolici impegnati in politica vicini a Romolo Murri, un sacerdote formatosi culturalmente alla Sapienza anche con Antonio Labriola.

L’impegno dei cattolici nel sociale, come ricorda nel suo lucido e interessantissimo contributo Paolo Palma, origina da papa Leone XIII che nel 1891 pubblica l’enciclica “Rerum novarum. Sulla Questione Operaia”. Papa Pecci intuisce che la Chiesa deve stare con le masse dei lavoratori, con gli operai anche perché il socialismo, ateo, avanzava e la Chiesa non si occupava dei più poveri come avrebbe dovuto e, per questi motivi, scrive l’enciclica che fonda la dottrina sociale della chiesa.

L’interprete più appassionato della dottrina sociale della Chiesa è don Murri che fonda una prima Democrazia cristiana che però viene fermata prima da Pio IX, e poi dallo stesso papa Leone XIII per rispettare il “non expedit”, la disposizione della Santa Sede del 1868 con la quale si dichiarava inaccettabile che i cattolici partecipassero alle elezioni e alla vita politica del Regno.

Nicoletti si allontana abbastanza presto da questa visione sociale e di classe di Murri e di De Cardona maturando, invece, una sua propria impostazione socio-politica interclassista e liberal-democratica e, come don Sturzo, sostiene che le Leghe del lavoro cattoliche debbano aprirsi alla borghesia.

In quegli anni avvia la sua attività di pubblicista nei giornali cattolici locali che, come ricorda Saverio Basile, lo appassiona molto e viene chiamato ad insegnare materie letterarie nel Liceo Classico Telesio e, nello stesso periodo, intraprende la sua attività politica fondando, a S. Giovanni in Fiore, la Cassa Rurale, la Lega del lavoro e un ricreatorio per i ragazzi. Nel 1910 si candida e viene eletto nel Consiglio provinciale di Cosenza.

A Roma, intanto, nel 1919 don Sturzo fonda il Partito popolare che a Cosenza trova molte adesioni, soprattutto per merito di De Cardona, e già nel febbraio dello stesso anno viene fondata in città una sezione del Partito della quale Nicoletti diviene segretario.

L’energico sacerdote scrive sui giornali facendo polemiche politiche con i socialisti arrivando a scrivere su “L’Unione” che “la lotta finale sarà tra noi e il socialismo o l’anarchia”, anche se dopo l’assassinio di Matteotti si dichiara un irriducibile oppositore del regime fascista. Dal 1925 scrive sul periodico diocesano “Parole di Vita” e, dal 1936, ne diventa direttore facendolo diventare una voce relativamente libera nell’ambito locale.

Nel 1938, a seguito di suoi ripetuti attacchi contro le leggi razziali fasciste, Nicoletti è costretto a lasciare la direzione del periodico e anche l’insegnamento al Telesio per andare ad insegnare in un liceo pugliese, a Galatina, per un anno.

Già nell’ottobre del 1942 partecipa alle prime riunioni clandestine del CLN cosentino e nel 1943 torna a far politica alla luce del sole. Nicoletti, con il suo allievo Gennaro Cassiani, è il principale artefice della nascita della Democrazia cristiana a Cosenza, una delle prime sezioni in Italia a costituirsi formalmente. Don Luigi Nicoletti è stato il capo indiscusso della Dc dal 1943 fino al 1953, nonostante i contrasti interni che spesso risolveva dimettendosi e ritirando le dimissioni.

Dirige la Dc cosentina assumendo posizioni pubbliche molto battagliere e polemiche con gli avversari politici sin dal 1945 quando, per esempio, si vanta di esser riuscito “…a liberare la Prefettura dalla dittatura manciniana” e ottenere un sottosegretario, Cassiani, che “neutralizza in qualche modo lo strapotere dei socialcomunisti”.

Nel 1953 viene sconfitto in Congresso a causa dei dissapori nella Dc nella quale ha attecchito secondo le sue parole “la mala pianta che aduggia la vita del partito”. L’instancabile sacerdote, però, non si ferma tanto che nel 1954 viene eletto Consigliere provinciale e Assessore all’assistenza sociale e nel 1956 in un discorso all’Assemblea provinciale dice: “ho combattuto tutta la vita -pagando di persona- la dittatura fascista e quella comunista (sic!). È chiaro che non potrei a lungo sottostare a una dittatura casalinga!”.

Nicoletti muore nel 1958 nell’Ospedale civile di Cosenza.
Questo intenso e vivido racconto della storia umana, politica e culturale di don Luigi Nicoletti ci aiuta a comprendere meglio la complessità e la diversità delle anime di quel gran partito che fu la Dc e le sue successive trasformazioni nella cosiddetta Seconda Repubblica, a Roma e a Cosenza. Da una parte i cattolici liberaldemocratici e conservatori come Nicoletti e dall’altra i cattolici sociali e progressisti come De Cardona.

da “il Quotidiano del Sud” del 20 marzo 2024

Referendum. Via maestra contro l’autonomia.-di Filippo Veltri

Referendum. Via maestra contro l’autonomia.-di Filippo Veltri

Anche in Calabria è nata La Via Maestra, un comitato regionale composto da Cgil Calabria, Arci, Acli, Anpi, Collettivo Valarioti, Cdc, Associazione Controcorrente, Emergency, Legambiente, Libera, Associazione Giuseppe Dossetti.

È un fatto molto importante perché il Comitato sta pensando a concrete iniziative sui temi del lavoro, dell’ambiente e della giusta transizione, con una particolare attenzione alla vera e propria torsione democratica del Paese, in particolare all’Autonomia Differenziata che tra poco andrà in discussione alla Camera dopo l’approvazione in Senato.

Queste associazioni, in linea con quanto sta avvenendo a livello nazionale, saranno le protagoniste di un percorso che porterà al coinvolgimento e alla mobilitazione in difesa della Costituzione, contro l’autonomia differenziata, la precarietà e lo stravolgimento della Repubblica parlamentare. Una strada nuova, dunque, che dal basso punta alla partecipazione e alla mobilitazione reale. E dio solo sa quanto ce n’è bisogno in tempi in cui così scarsa è la mobilitazione financo alle competizioni elettorali (ultimo test le regionali in Abruzzo non hanno bisogno di ulteriori commenti).

In Calabria ovviamente tutto questo si colora di molti altri significati, legati alla accoglienza e all’uguaglianza, alle lotte sociali e a quelle civili (si pensi solo alla sanità e alla tutela della salute), tant’è che dopo la nascita del comitato regionale sono sorti provincia per provincia i comitati territoriali de La Via Maestra, che stanno già lavorando alla riappropriazione dei famigerati Livelli Essenziali di Prestazione (Lep), garantendo a tutti i cittadini italiani gli stessi diritti e le stesse opportunità nei settori cruciali come sanità, istruzione, trasporti, ambiente e servizi amministrativi.

«La Calabria non ha bisogno di differenziarsi – spiega Angelo Sposato, segretario regionale della Cgil – ma di armonizzarsi con le altre regioni per garantire servizi primari adeguati. La proposta di autonomia differenziata mina l’unità nazionale e rischia di accentuare ulteriormente gli squilibri tra Nord e Sud, abbandonando le regioni meridionali ai propri problemi’’.

Il Coordinamento Nazionale per la Democrazia Costituzionale aveva già proposto, insieme ad altri, di dare vita ad una discussione a tutto campo ne La Via Maestra per mettere al centro la Costituzione, il contrasto agli attacchi che le vengono portati a partire dal premierato, e il contrasto all’autonomia differenziata nella versione Calderoli.

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale insiste da tempo sull’esigenza di dare vita ad iniziative larghe e unitarie e La Via Maestra è certamente la prima naturale sede di convergenza di una parte importante della società e della cultura. La strada che indica è chiara: quella dei referendum.

I referendum sono in questo momento l’unica possibilità per fermare le scelte su autonomia a premierato. Spiegano ancora quelli de La Via Maestra: l’elezione diretta del Presidente del Consiglio porterebbe ad uno sconvolgimento della Costituzione e del suo assetto istituzionale perché cambierebbe la sostanza democratica e antifascista della nostra Repubblica, riducendo nettamente i poteri del Quirinale e ridimensionando drasticamente il ruolo del Parlamento che, da architrave delle istituzioni diventerebbe definitivamente subalterno al capo del governo, complice il ricatto della fine della legislatura, trasformando così la nostra Repubblica in una sorta di “capocrazia”.

L’autonomia differenziata targata Calderoli, su cui tante perplessità sono nate recentemente anche in Calabria in settori non marginali del centrodestra, la si può bloccare eventualmente solo così. Con partecipazione e strumenti concreti a partire dai referendum.

da “il Quotidiano del Sud” del 16 marzo 2024.