Ripartiamo dal Sud di Tonino Perna

Ripartiamo dal Sud di Tonino Perna

Se il nuovo governo targato Pd-M5S deve rappresentare una svolta reale rispetto al governo Conte, non basta cambiare i nomi, non è sufficiente, bisogna cambiare radicalmente la visione e le prospettive del nostro paese. Purtroppo, nei cinque punti elencati da Zingaretti, al di là della genericità, manca proprio un rovesciamento dell’approccio al modello di sviluppo del nostro paese : un’Italia che è diventata sempre più diseguale sul piano sociale e territoriale. Come ci ricorda anche l’ultimo Rapporto Svimez la diseguaglianza tra Nord e Sud è diventata una voragine che rischia di travolgere l’intero paese. Per questo è necessario ripartire dal Sud, non come un’appendice al programma generale come si è fatto per tanto, troppo tempo (la scuola, la sanità, i giovani, il Mezzogiorno, e bla bla bla…), ma mettendo la rinascita del Sud al centro di una strategia di politica economica, sociale, ambientale e culturale. Innanzitutto, lo dico brutalmente, per un calcolo politico che non si può eludere: togliere alla Lega il consenso che in pochissimo tempo ha conquistato nel Mezzogiorno, spiegando alle popolazioni meridionali come sarebbero stati depredati dall’autonomia finanziaria fortemente voluta da questo partito che rimane Lega Nord (anche se ha cambiato la maschera). Bisogna fare ogni sforzo affinché la Lega ritorni nei suoi confini storici che l’hanno generata alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Dovrebbero farlo in primo luogo tutti i cittadini meridionali che per decenni hanno subito, in silenzio, i pesanti insulti della Lega. Dovrebbe farlo il M5S che proprio nel territorio meridionale ha la sua base: ricordiamo che il successo del M5S è partito dalla Sicilia e che nelle elezioni politiche del 2018 nel Mezzogiorno ha superato il 40% dei consensi. Dovrebbe farlo anche il Pd se qualcuno ricordasse al segretario che fino a poco tempo fa i presidenti delle Regioni del Sud erano tutti targati Pd (ed ora rischiano di perderle tutte!).

Per questo serve una svolta nel breve e nel medio periodo. Immediatamente, attraverso un programma di assunzioni nella Pubblica Amministrazione in settori vitali dove il blocco del turn over ha causato danni ingenti: sanità, servizi sociali, Università, centri di ricerca, Comuni piccoli e medi, ecc. In secondo luogo attraverso un Piano nazionale che riguarda le “aree interne” che stanno subendo un pesante processo di spopolamento, di abbandono di terre fertili, di rischio idrogeologico crescente, di patrimonio edilizio sprecato. Ormai esistono studi e proposte circonstanziate su cui hanno lavorato da anni team di esperti (come quello presieduto da Fabrizio Barca), ma manca una strategia complessiva che, utilizzando i fondi europei e coordinando le proposte delle diverse regioni, debba includere anche la valorizzazione del lavoro dei migranti, unitamente a quello dei giovani disoccupati. L’agricoltura collinare e la pastorizia sarebbero morte senza i lavoratori immigrati, ma il valore del loro lavoro deve essere riconosciuto unitamente al loro inserimento sociale e alla dignità dell’abitare. Dobbiamo dirlo con franchezza: non basta annullare gli orrendi “decreti sicurezza”, bisogna pensare ad una vera politica dell’accoglienza, che non lasci più gli immigrati a marcire nei C.A.S. o in squallidi alberghi senza prospettive di vita e lavoro. Bisogna pensare a una programmazione dell’accoglienza che faccia i conti con la formazione dei migranti, l’avvio di veri processi di socializzazione e di inserimento lavorativo. In questa direzione ha molto senso pensare ad una politica di investimenti mirati alla rinascita dell’Appennino del Centro-Sud.

Infatti, in un vero programma di rinascita delle aree interne avrebbero possibilità di lavoro, giovani meridionali e immigrati, in tanti settori: restauro/recupero del patrimonio architettonico, sistemazione idrogeologica delle colline a rischio frane, bonifica e ripascimento dei corsi d’acqua dolce, sentieristica per il turismo escursionistico, arredo e abbellimento artistico dei borghi, ecc.   Senza ovviamente dimenticare un settore di punta come quello dell’agricoltura biologica (biodinamica e permacoltura) che vede il Mezzogiorno, a partire dalla Sicilia, al primo posto in Itaolia per quantità e qualità delle produzioni.

In questa nuova prospettiva, il Mezzogiorno può essere anche l’occasione per far fare un salto di qualità del nostro paese in campo ambientale. Pensiamo solo alle energie rinnovabili che hanno una potenzialità nel territorio meridionale solo in parte utilizzata, o alle aree protette nel Mezzogiorno (parchi nazionali, regionali, aree di riserva integrale) che rappresentano più della metà della superficie delle aree protette a livello nazionale, il cui contributo alla riduzione della CO2 andrebbe quantificato e fatto pesare sul piatto del Pil, e della sua falsa rappresentazione della ricchezza reale.

Pertanto, richiamando il titolo di un noto film del grande Troisi, potremmo dire: Ricominciamo da 3. Ovvero: Sud, Migranti, Ambiente.

Il Manifesto

23.8.2019

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