Manifesto per il “dopo”. Quando la pandemia sarà finita.

Manifesto per il “dopo”. Quando la pandemia sarà finita.

Il Virus Covid 19 infuria in grandissima parte dei paesi e sembra non volersi placare se non dopo aver toccato l’ultima contrada del pianeta. Abbiamo davanti la più grave emergenza sanitaria della storia umana, dopo la Spagnola. Negli ultimi tempi, di fronte alla minaccia globale del riscaldamento climatico, abbiamo assistito alla sostanziale indifferenza dei poteri dominanti. Tutto è continuato come prima, perché il rischio appariva lontano, non portava danni immediati al processo di accumulazione capitalistica. Oggi la pandemia, che si diffonde quasi con la velocità dei flussi finanziari mondiali, ha messo in scacco la crescita, ha fermato la grande giostra e rischia di schiantarla. La vastità dell’evento e la radicalità delle sue implicazioni, i morti e la distruzione di ricchezza, impongono che dopo la grande tempesta nulla sia più come prima.
Indichiamo alcuni punti di necessaria, radicale trasformazione dello status quo.

1) Il potere pubblico deve tornare a riacquistare centralità. L’emergenza sanitaria ha dimostrato in Italia e nel mondo, il suo ruolo insostituibile. Occorre riporre nella teca dell’antiquario l’intero armamentario della cultura neoliberista. Lo stato nazionale e a maggior ragione l’UE, devono tornare a essere agenti di investimento, dotati di una politica economica che risponda ai bisogni e ai diritti collettivi.
2) Un posto di rilevo spetta alla sanità. Il suo finanziamento, il suo carattere pubblico, la sua equa distribuzione nel territorio, devono essere posti al centro dell’azione di governo. Una sanità equa è una delle leve per rendere omogeneo il welfare del Mezzogiorno con quello del resto del Paese. Il Sud ha subito una distribuzione iniqua delle risorse pubbliche, che ha allargato il divario col CentroNord. Si dovrà cancellare dal calendario politico ogni ipotesi di autonomia differenziata e rivedere il rapporto stato-regioni.
3) Auspichiamo un sistema sanitario europeo che darebbe un grande contributo al processo di unificazione dell’Unione, tramite questo pilastro fondamentale del welfare.
4) Occorrono più risorse pubbliche. Per questo s’impone una vasta operazione di giustizia sociale non più rinviabile. Oggi, mentre gran parte dei cittadini italiani non può uscire di casa, tanti altri non hanno di che mangiare. Occorre un rapido riequilibrio nella distribuzione della ricchezza e un sistema fiscale progressivo, che renda permanente tale distribuzione.Il che richiede anche l’introduzione di una tassazione patrimoniale che colpisca le grandi ricchezze, con una franchigia che salvaguardi i bassi redditi e il piccolo risparmio.
5) Occorre finanziare generosamente la Ricerca. L’Italia è agli ultimi posti dei paesi europei per quota di Pil ad essa dedicati. Soprattutto quella di base e nelle scienze umanistiche. I dipartimenti universitari sono stati sempre più “invitati” o costretti, per sopravvivere, a trovare essi i finanziamenti dalle imprese che, ovviamente, prediligono quei temi più spendibili sul mercato. Occorreranno più risorse, molte delle quali andranno investite nella scuola. Ma non per favorire le piattaforme informatiche delle multinazionali e i venditori di computer, suggerendo che la didattica online, praticata nella fase dell’emergenza, debba diventare l’unica e magari la migliore didattica. L’alfabetizzazione digitale della popolazione appartiene alla ragione strumentale, non alla formazione che invece deve tornare ad essere impegno della scuola come formazione alla solidarietà, alla cooperazione, alla cittadinanza attiva e responsabile, alla democrazia: tutti valori indispensabili a ricostruire il mondo del futuro.
6) La necessità di maggiore risorse finanziarie pubbliche richiede una revisione del bilancio statale. Non è più possibile, in un’epoca in cui la vita umana appare così fragile e a rischio, mentre il pianeta mostra segni inquietanti di collasso, accettare che miliardi di danaro pubblico finiscano ogni anno nella costruzione di cacciabombadieri, di portaerei, bombe e armi varie. I nostri soldi messi al servizio di ordigni che produrranno morte, distruggendo abitati, territori paesaggi, beni artistici.
7) Non siamo più disposti ad accettare alcuna Realpolitik. Consideriamo assurdo ritenere razionale tutto ciò che è reale. Sappiamo bene che a tali spese ci obbligano i trattati internazionali, ma proprio per questo occorre metterli in discussione. Se la democrazia deve rappresentare il volere popolare, questo deve poter mettere in discussione la logica bellica dei poteri sovranazionali. Occorre perciò uscire dalla NATO, denunciarla come la centrale del disordine internazionale degli ultimi 20 anni, un costosissimo strumento del potere geopolitico americano e niente di più. Ripugna a qualunque mente non asservita, l’idea di una istituzione che utilizza ingenti risorse per distruggere e devastare, mentre la Terra necessita della nostra cura, e occorre salvarsi da squilibri planetari sempre più minacciosi.
8) Le pandemie non provengono solo dagli animali selvatici. Non accorre andare nella Foresta amazzonica per trovare focolai di future possibili pandemie. Gli allevamenti intensivi degli animali, nei nostri territori e nelle nostre stalle – che inquinano terre e acque e alterano il clima – hanno già causato migliaia di morti, oltre che ingenti danni economici: la BSE, la Salmonella DT 104, l’ Escheria coli 0157, ecc. Solo il caso oggi ci difende dal passaggio all’uomo delle innumerevoli malattie che spesso devastano questi allevamenti.
9) Occorre perciò cambiare la Politica Agricola Comunitaria (PAC), che oggi finanzia le agricolture industriali e i grandi allevamenti inquinanti, mentre distribuisce briciole ai contadini e nulla fa per proteggere i braccianti migranti, sfruttati come schiavi, senza i quali nessun prodotto arriverebbe sulle nostre tavole. Ma occorre anche diffondere una nuova cultura alimentare, che limiti il consumo delle carne, da considerare nociva per la salute nella situazione attuale).
10) La ricostruzione dell’economia e della vita civile e sociale nella fase post pandemica richiederà il contributo più largo possibile del lavoro umano a tutti i livelli e in tutti i campi. Per questo proponiamo, come hanno fatto altri paesi europei, di regolarizzare gli immigrati e dare loro un lavoro pienamente tutelato, in agricoltura come nell’industria e nei servizi, come pure forme di servizio civile volontario, anche su scala europea, dei giovani che abbiano terminato il loro corso di studi.
11)Il carattere globale della pandemia, così come il riscaldamento climatico, mettono in luce il carattere antiquato dell’attuale assetto degli stati nazionali in reciproca competizione, quando non in reciproco conflitto armato. Il nostro fragile destino comune domanda oggi una nuova logica di governo del mondo, fondato sulla cooperazione, per gestire insieme le ardue sfide che attendono l’umanità tutta intera.

Le firme vanno inviate a scandurraenzo@gmail.com

Ti invitiamo, se sottoscrivi questo appello, a fare una donazione al manifesto, quotidiano, tramite bonifico bancario sul conto intestato a il nuovo manifesto società coop editrice, IBAN: IT84E0501803200000011532280 – Codice BIC: CCRTIT2T84A, con la motivazione “contributo per la l’acquisto di pagina per il Manifesto per il “dopo”

Piero Bevilacqua, Laura Marchetti, Tonino Perna, Enzo Scandurra, Ignazio Masulli, Andrea Ranieri, Luigi Ferraioli, Tomaso Montanari, Battista Sangineto, Adriano Labbucci, Maria Pia Guermandi, Alberto Ziparo, Luigi Vavalà, Paolo Favilli, Giuseppe Saponaro, Franco Novelli, Rossano Pazzagli, Francesco Trane, Carlo Cellamare, Aldo Carra, Domenico Rizzuti, Ginevra Bompiani, Pietro Caprari, Roberto Budini Gattai, Massimo Veltri, Amalia Collisani

Foto di Free-Photos da Pixabay

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