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Addio all’archeologo Roberto Spadea.-di Alfredo Ruga

Addio all’archeologo Roberto Spadea.-di Alfredo Ruga

È difficile con poche parole raccontare e ritrarre un uomo, uno studioso, un amico, un maestro d’altri tempi che ci ha lasciati ieri 26 giugno, Roberto Spadea.

Con la sua “missione” di funzionario archeologo, profondamente legato al senso del dovere e dello Stato, per educazione, formazione e cultura familiare, ha segnato alcuni decenni della ricerca, della tutela e della divulgazione archeologica in Calabria, la sua Calabria, vissuta e frequentata intensamente.

Dalla natìa Catanzaro (qui era nato il 17 marzo 1947) alle altre città grandi e piccole che lo hanno accolto e visto operare dal 1978 con tenacia, caparbietà e acribia, Reggio di Calabria (sede dell’allora Soprintendenza alle Antichità poi Archeologica e Archeologia della Calabria, prima delle varie riforme e ridefinizioni che hanno visto nascere le attuali tre Soprintendenze con competenze su Reggio Calabria e Vibo Valentia, su Catanzaro e Crotone, su Cosenza), Crotone (sede dell’Ufficio Scavi per le province di Catanzaro e Crotone), Cirò e Cirò Marina, Santa Severina, Lamezia Terme, Nocera Terinese, Tiriolo, Borgia, Simeri Crichi.

Tutte tappe importanti del suo percorso professionale e umano nelle quali saputo lasciare la sua impronta e il frutto del suo amore dirigendo il laboratorio della Soprintendenza tra il 1982 e il 2005, ideando e realizzando o rinnovando Musei e Antiquaria e Parchi archeologici nazionali (Crotone, Capo Colonna, Roccelletta-Scolacium) e di enti locali (Museo archeologico provinciale di Catanzaro, Lamezia Terme-Museo Lametino e parchi di Terina e Abbazia di Sant’Eufemia, Cirò, Santa Severina, Tiriolo, Falerna-Pian delle Vigne, Antiquarium di Simeri Crichi).

Il suo percorso, segnato da una sfaccettata personalità a volte schiva e a volte burbera, a tratti spigolosa e severa ma pur sempre sensibile e appassionata, mai incline ai compromessi, era legato poi ad alcuni ambienti culturali altamente stimolanti sul piano intellettuale ed interiore. In primo luogo Roma, dove si svolgeva, quando non era in Calabria, parte della sua vita familiare accanto alla carissima moglie Maria Letizia Lazzarini, studiosa di chiara fama di epigrafia greca e docente prima a Napoli e poi a Roma.

E poi Napoli e gli ambiti salernitano, pugliese (Bari e Lecce), siciliano e infine Milano Tutti ambienti cui si sentiva profondamente legato e con cui ha continuato a mantenere contatti, intrattenendo relazioni professionali ed amicali con una miriade di colleghi e studiosi, non solo archeologi e storici, invogliando giovani personalità a spostarsi per lavorare in Calabria, per esempio a Kroton, Terina, Agro Teurano e Scolacium e accendendo collaborazioni con prestigiose Università come Lille (Juliette de la Genière) e Texas (Joseph C. Carter e Cesare D’Annibale).

La sua capacità organizzativa ha invogliato, guidato, appassionato e insegnato a tanti come me che hanno intrapreso la professione di archeologo, facendoci capire sempre più che pur con le difficoltà, gli ostacoli e le immancabili delusioni, non bisogna perdere di vista gli obiettivi da raggiungere nel campo professionale, applicandosi con dedizione e costanza, con ferrea disciplina (appassionato come era di Paolo Orsi), per divulgare, valorizzare, conservare e tutelare il nostro patrimonio culturale.

Mi piace ricordarlo ancora in un giorno assolato a Vigna Nuova di Crotone o a Scolacium, mentre con i suoi immancabili occhiali da sole e la bandana al collo discutevano dei ritrovamenti e di strategie di scavo o a notte fonda, ormai a poche ore dall’inaugurazione, mentre ancora con le vetrine aperte di uno dei tanti musei creati, mettevamo l’ultimo reperto o spostavamo una didascalia.

O ancora, sempre con le tante colleghe e colleghi con cui facevamo squadra con lui, preparare testi e presentazioni per convegni che aveva organizzato o a cui ci aveva spinto a partecipare. O infine seduti fianco a fianco presso un editore a correggere bozze o ad impaginare i nostri testi e far migliorare le immagini a corredo di essi.

Appello per Capo Colonna a Crotone. L’Eni fermi i lavori.

Appello per Capo Colonna a Crotone. L’Eni fermi i lavori.

Le immagini della fenditura del terreno sempre più lunga, 12 metri, e sempre più larga, 40 centimetri, che ci giungono dal promontorio di Capo Colonna a Crotone ci preoccupano moltissimo. Ci preoccupano perché se è vero che il fenomeno dell’erosione e dei vistosi crolli del promontorio- sul quale sorgono il tempio di Hera Lacinia e l’abitato della colonia romana di Kroton- è noto da molto tempo, è vero, però, che questo fenomeno ha subìto un’accelerazione che sembra essere tutta di natura antropica.

Le caratteristiche geomorfologiche, litologiche, geostrutturali, idrologiche e geotecniche del promontorio determinano, in corrispondenza della falesia, distacchi di blocchi nella placca rigida silico-arenitica e calcarenitica. La suddetta placca poggia su un basamento argilloso molto erodibile per una serie di concause: scadenti caratteristiche geotecniche, sfavorevoli condizioni geostrutturali delle formazioni geologiche, presenza di circolazione idrica sotterranea in periodi piovosi, azioni chimiche dell’acqua marina sulle argille e l’alterazione prodotta da fattori antropici.

Siamo convinti che la circolazione idrica sotterranea, per iniziare, possa essere aumentata a seguito della mancata copertura dei molti scavi, non solo archeologici, che hanno messo allo scoperto le fondamenta dei monumenti, esponendoli agli eventi meteorici, all’erosione e allo slittamento della placca verso il mare.

Già in uno studio del 1998 si sosteneva che le alterazioni antropiche erano attribuibili alle vibrazioni per il passaggio di autoveicoli e alla concentrazione di turisti e pellegrini sul promontorio. Si immagini quante e quali vibrazioni hanno provocato, e provocano, le trivellazioni per la ricerca e l’estrazione del gas praticate, sulla terraferma ed in mare, da decenni per opera dell’Eni.

Allo stato attuale vi sono numerosi pozzi per l’estrazione del gas metano e tre piattaforme di proprietà dell’Eni che si ergono nelle immediate vicinanze dell’area marina protetta più grande d’Europa e di uno dei più importanti siti archeologici della Magna Grecia, il promontorio di Capo Colonna.

Le associazioni culturali di Crotone -come Italia Nostra, il Gak ed altre- cercano, da decenni, di fermare le trivellazioni che l’Eni, nel silenzio di tutte le amministrazioni comunali di Crotone, compie in mare e sulla terraferma a poche centinaia di metri addirittura dal promontorio di Capo Colonna, ma, finora, senza successo.

Si deve rilevare, altresì, che il problema qui esposto non sembra aver avuto sufficiente attenzione da parte della Soprintendenza Abap delle province di Catanzaro e Crotone nonché della direzione dei Musei e dei parchi archeologici di Sibari e Crotone a cui spetterebbe il compito di interrare o proteggere gli scavi effettuati e di tentare di fermare l’erosione e i distacchi mediante, per esempio, la costruzione di scogliere artificiali sotto forma di strutture modulari in cemento armato, posate e accostate sul fondale marino attorno al promontorio e, sul promontorio, di ‘cuciture’ realizzate costruendo reti di pali d’acciaio orizzontali.

I sottoscritti chiedono al Sindaco di Crotone, al presidente della Regione Calabria, al Ministero della Cultura, alla Soprintendenza Abap ed al direttore dei Musei e dei parchi di Sibari e Crotone di provare a far arrestare o, almeno, sospendere le trivellazioni dell’Eni nelle prossimità del promontorio e di provvedere con la massima urgenza alla salvaguardia di uno dei siti archeologici più importanti del Mediterraneo, ricordando che non può esserci valorizzazione senza la tutela dei monumenti o, come si sta rischiando in questo caso, senza i monumenti medesimi che potrebbero finire in mare.

Battista Sangineto, archeologo, Università della Calabria
Salvatore Settis, archeologo, già rettore Scuola Normale Superiore di Pisa
Tomaso Montanari, storico dell’arte, Rettore Università per stranieri di Siena
Piero Guzzo, archeologo, Accademia Nazionale dei Lincei e I.N.A.S.A.
Maria Teresa Iannelli, archeologa, già Soprintendenza archeologica Calabria
Roberto Spadea, archeologo, già Soprintendenza archeologica Calabria
Lucia Faedo, archeologa, già Università di Pisa
Paolo Liverani, archeologo, Università di Firenze
Franco Cambi, archeologo, Università di Siena
Maria Cecilia Parra, archeologa, già Università di Pisa
Paul Arthur, archeologo, Università del Salento
Teresa Liguori, professoressa, presidente sezione Italia Nostra Crotone
Anna Rotella, archeologa, vicepresidente sezione Italia Nostra Crotone
Vincenzo Fabiani direttore Gruppo Archeologico Krotoniate
Ferdinando Laghi, medico, consigliere Regione Calabria
Giuseppe Hyeraci, archeologo, Università di Napoli Suor Orsola Benincasa
Maria Cerzoso, archeologa, direttrice Museo dei Brettii e degli Enotri Cosenza
Bernarda Minniti, archeologa, Università di Genova
Fulvia Soffrè, già dir. Ammin., Soprintendenza archeologica della Calabria
Matteo Enìa, antropologo, Sapienza Università di Roma
Chiara Dodero, archeologa, Università di Genova
Anna Murmura, professoressa, presidente ArcheoClub sezione Vibo Valentia
Rocco Gangemi, architetto, delegato Ambiente FAI Calabria

foto da “il Crotonese” del 10 settembre 2024